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Il corso sul vino di Quattrocalici - Tipi di vinificazione

I Vini Dolci e la loro vinificazione

Le tipologie di vini dolci. Il blocco della fermentazione alcolica. Le tecniche di produzione dei vini dolci fermi e spumantizzati.

i vini dolci

I Vini dolci e lo zucchero nei vini

La dolcezza di un vino è determinata dalla presenza di zuccheri residui (cioè noon fermentati) al momento dell’imbottigliamento. Gli zuccheri nel vino contribuiscono a creare una sensazione di corposità e morbidezza, che gradualmente, all’aumentare della quantità, diventa vera e propria dolcezza. Un vino secco contiene circa fino ad un massimo di 4-5 g/l di zuccheri residui. All’aumentare del contenuto zuccherino, aumenta la morbidezza del vino al palato, finché, per un contenuto compreso grossomodo tra 12 e 45 g/l il vino ha tendenza dolce marcata e si definisce “amabile“. Sopra ai 45 g/l la percezione di dolcezza è marcata e decisa e a questo punto il vino si definisce “dolce“. La sensazione organolettica della dolcezza, perchè un vino risulti armonico, deve venir bilanciata dall’acidità, vale a dire che un vino molto fresco, cioè con un’acidità piuttosto spiccata, avrà una dolcezza non stucchevole, in altre parole, equilibrata. L’alcol dà al vino una sensazione di calore (pseudocalorica) e quindi svolge una funzione complementare alla dolcezza e si contrappone all’acidità. Per questo molti vini dolci sono alcolici, sia per renderli più equilibrati sia per migliorarne la stabilità.

La produzione dei vini dolci

L’alcool del vino deriva dalla fermentazione degli zuccheri del mosto per mezzo di lieviti. Da 17,5 grammi di zucchero presenti in un litro di mosto si ottiene l’1% di alcol in volume (grado alcolico volumetrico). Per produrre un vino secco a 12° alcolici saranno quindi necessari 210 grammi di zucchero in un litro di mosto. Questo è l’alcool potenziale, cioè quello che si otterrebbe se tutto lo zucchero fosse fermentato e trasformato in alcool. Per avere un vino dolce è pertanto necessario che solo una parte degli zuccheri siano trasformati in alcool, mentre una certa quantità (zuccheri residui) dovrà essere conservata in modo da conferire dolcezza al vino. Se il mosto di partenza contenesse ad esempio 350 grammi di zucchero per litro, nel caso in cui tutto lo zucchero potesse fermentare, l’alcolicità del vino (potenziale) sarebbe di 20° alcolici (320/17,5 = 20). Se il nostro obiettivo fosse di produrre un vino dolce a 14° alcolici, dovremmo trasformare in alcol 245 grammi per litro di zucchero. Il nostro vino dolce avrebbe un contenuto di zucchero residuo di 350-245=105 g/l, responsabile della sensazione di dolcezza del vino. La fermentazione non si ferma però a comando, quindi per ottenere un vino dolce sono necessari degli interventi esteri. Oltre una cerca concentrazione in alcool (circa il 16%) comunque la fermentazione si arresta spontaneamente perchè l’alcool inibisce l’attività dei lieviti. Esistono diversi modi per ottenere la quantità di zucchero residuo necessaria alla produzione di un vino dolce e ognuno di questi consente di ottenere risultati qualitativi estremamente diversi fra loro. La banale aggiunta di zucchero al vino per dolcificarlo non è quasi mai permessa. In molti casi si ricorre pertanto all’aggiunta di mosti concentrati, seguita da filtrazione e stabilizzazione con anidride solforosa. Il metodo più naturale è quello di partire da uve contenenti di per sé stesse la quantità di zuccheri necessaria. A seconda del tipo di vino, si procede in maniera diversa.

Tipologie di vini dolci

Vini dolci naturali

Un vino dolce fermo, a fronte di una gradazione alcolica potenziale di almeno 10°, presenterà un’alcolicità svolta inferiore (poniamo 6°) e il rimanente zucchero residuo andrà a determinare la dolcezza del vino. Per interrompere la fermentazione si può ricorrere a diversi sistemi, quali ad esempio l’abbassamento della temperatura, l’aggiunta di anidride solforosa (SO2) e o la filtrazione sterile del mosto in modo da eliminare completamente i lieviti che altrimenti riprenderebbero la fermentazione.

Vini dolci fortificati

L’aggiunta di alcol al mosto blocca la fermentazione e fa sì che tutto l’alcol potenziale del mosto rimanga presente nel vino come zucchero residuo. Abbiamo così i vini fortificati, tra i quali vi sono famosi esempi quali il Marsala, lo Jerez, il Porto e il Madeira, con versioni sia secche che dolci.  Questi vini vengono poi sottoposti a lunghi ed elaborati sistemi di maturazione in modo da favorire ulteriormente la loro concentrazione e arricchirli delle qualità organolettiche cedute dal legno o dai processi ossidativi intervenuti durante  la maturazione.

I vini dolci passiti e le vendemmie tardive

L’acino acerbo è ricco di acidi e povero di zucchero. Con il progredire della maturazione la quantità di acidi diminuisce mentre lo zucchero aumenta. Quindi più l’uva è matura, più zucchero contiene. Se la maturazione viene prolungata intenzionalmente (surmaturazione o vendemmia tardiva) si otterranno dalle uve mosti più densi e concentrati e una quantità di zucchero per litro maggiore. I vini passiti sono prodotti con uve lasciate appassire sulla pianta, o disposti in graticci dopo il raccolto o appesi in locali sufficientemente aerati o modernamente forniti di ventilazione forzata in modo da evitare l’ammuffimento degli acini. Con questo sistema la concentrazione dei succhi avviene mediante evaporazione dell’acqua contenuta negli acini. Mediante appassimento si producono vini come il Vin Santo, il Recioto di Soave e della Valpolicella, il Sagrantino Passito e i celebri Passiti di Pantelleria.

I vini “muffati”

In determinate situazioni le spore della Botrytis Cinerea si comportano come muffa nobile, ossia si depositano sulla buccia dell’uva e la perforano con lo scopo di cercare all’interno nutrimento necessario al proprio sviluppo. Questa operazione  favorisce anche l’evaporazione dell’acqua con il risultato di concentrare il succo. La muffa nobile aggiunge inoltre i suoi sapori e i suoi aromi al succo dell’uva aumentando considerevolmente il bouquet olfattivo del vino. La Botrytis Cinerea per agire in questo modo ha bisogno di condizioni ambientali particolari, quali umidità al mattino per consentire lo sviluppo della muffa e pomeriggi assolati e secchi per evitare il suo eccessivo sviluppo. La buccia dell’uva deve essere poi sufficientemente sottile da consentire la penetrazione delle spore all’interno dell’acino. La Botrytis Cinerea non è muffa nobile di per sé stessa ed un suo sviluppo eccessivo o indesiderato compromette irrimediabilmente l’uva. Gli acini botritizzati sono poi molto delicati, pertanto la vendemmia va fatta a mano e con estrema attenzione. Esiste anche la possibilità di raccogliere le uve, diffondervi poi sopra le bucce spore di Botrytis Cinerea e conservarle poi in ambienti controllati per favorire lo sviluppo della muffa. Il risultato organolettico è simile ai vini prodotti con metodi “naturali”.  Questo sistema èsi usa in genere per i vini muffati meno pregiati. Alcuni vini dolci prodotti con uve attaccate dalla Botrytis Cinerea sono ad esempio il celebre Sauternes, il Barsac e il Mombazillac in Francia, le Sélection de Grains Nobles in Alsazia, il Tokaji Aszú in Ungheria, i Muffati Orvietani in Italia, i Beerenauslese e i Trockenbeerenauslese in Germania.

Gli Ice-wines

I vini di ghiaccio, più noti con il loro appellativo tedesco Eiswein o inglese Ice-wine sono vini ottenuti dalla fermentazione di grappoli congelati, vendemmiati tardivamente all’inizio della stagione invernale, quando la temperatura scende sotto i -7/-8 °C . Esiste anche la possibilità di congelare le uve artificialmente, nel qual caso si parla di crioestrazione, processo tuttavia vietato dai disciplinari dei principali paesi produttori. La raccolta delle uve avviene molto velocemente e i grappoli vengono pigiati ancora congelati, cosa che rende possibile una elevata concentrazione degli zuccheri perché una parte dell’acqua si ghiaccia all’interno degli acini, separandosi dalla polpa che si arricchisce in tutte le sostanze in essa contenute. Il congelamento generalmente impedisce la formazione della Botrytis cinerea (muffa nobile), permettendo di ottenere dei vini dalla considerevole dolcezza, ma che presentano anche una spiccata acidità che riesce a bilanciarli in maniera adeguata anche con un minor contenuto in polialcoli che caratterizza invece vini muffati come i Sauternes e Tokaji. I principali paesi produttori di Ice-wines sono la Germania, l’Austria, la Repubblica Ceca e il Canada (Ontario e Columbia Britannica). Si utilizzano  vitigni sia a bacca bianca (come Riesling e Vidal, quest’ultima un vitigno autoctono del nord-est del continente Americano) che a bacca nera (Cabernet Franc). Esistono anche delle versioni spumantizzate di Ice-Wine, molto particolari, che uniscono la concentrazione dei grandi passiti con la vivacità degli spumanti. Recentemente anche in Italia, particolarmente in Trentino-Alto Adige e in Valle d’Aosta sono stati avviati dei tentativi di produzione di questa tipologia di vini, peraltro non presente in alcuni disciplinare di produzione delle locali denominazioni di origine.

Gli spumanti dolci

I migliori esempi di spumanti dolci sono quelli ottenuti da uve aromatiche mediante metodo Charmat (Asti spumante DOCG, Colli Euganei fior d’Arancio DOCG), ma esistono anche degli esempi di vini passiti spumantizzati (Recioto di Gambellara spumante DOCG) ottenuti sia con metodo Charmat che con metodo classico. L’ottenimento di uno spumante dolce con il metodo classico prevede l’aggiunta di una miscela zuccherina prima dell’imbottigliamento (liqueur d’espedition). Gli spumanti dolci ottenuti in autoclave vengono generalmente elaborati a partire da vini base dolci, in cui la fermentazione sia stata arrestata, con i metodi prima visti, ad esempio a 7° alcolici (come nel caso dell’Asti spumante DOCG).

Marcello Leder
Marcello Leder

Sommelier AIS, divulgatore nel campo del vino e dell'enogastronomia. Ha fondato nel 2011 il portale Quattrocalici, divenuto punto di riferimento per la cultura del vino in Italia, ed è autore della sua struttura e di tutti i suoi contenuti.

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