Il mosto
Il mosto è il succo che si ottiene dalla pigiatura dell’uva. Centinaia di sostanze sono disciolte o disperse nell’acqua, che ne rappresenta il 70-80%. In essa zuccheri, acidi organici ed inorganici, polifenoli e sostanze odorose, sostanze pectiche ed azotate, minerali e vitamine, enzimi e microrganismi, riflettono la sua composizione, identica di fatto a quella dell’uva di partenza. Alcune delle sostanze presenti nel mosto si ritrovano quasi inalterate nel vino finale, altre verranno trasformate (come gli zuccheri nella fermentazione alcolica) ed altre ancora si formeranno in fase di fermentazione, arricchendo il vino in profumi e sapori diversi. Nei mosti destinati alla produzione dei vini secchi, gli zuccheri presenti variano dal 17 al 23%. Per uve da vendemmia tardiva possono raggiungere il 28-30% e addirittura il 40% per uve passite. La concentrazione in zuccheri determina l’alcolicità del vino, salvo il caso dei vini dolci, per ottenere i quali l’azione dei lieviti viene bloccata, conservando un elevato residuo zuccherino nel vino finale. Gli acidi sono la seconda categoria di sostanze presenti nel vino in termini di concentrazione. L’acido tartarico, malico e citrico determinano l’acidità fissa e sono presenti già nel mosto, al contrario dell’acidità volatile, determinata dall’acido acetico, prodotto durante o dopo la fermentazione alcolica. Altre sostanze presenti nel mosto sono i polifenoli, le sostanze aromatiche, le pectine, sostanze azotate e molte altre.
Le correzioni del mosto
Le correzioni vengono eseguite nel caso si desideri modificare la composizione del mosto qualora non risulti ottimale. Il principale obiettivo è di modificare, a seconda delle esigenze, la concentrazione zuccherina o l’acidità, ma anche di mantenere o di esaltare alcune sue caratteristiche, rendendolo più limpido. stabile e di migliore qualità. Le carenze in acidi o in zuccheri sono dovute per esempio agli andamenti climatici delle diverse annate.
Illimpidimento e chiarificazione del mosto
L’utilizzo di sostanze come la gelatina o la bentonite, seguita da delicate filtrazioni, permette la chiarificazione del mosto. Questa operazione è favorita dalle basse temperature, ottenute mantenendo il mosto in serbatoi coibentati, a doppia parete, all’interno della quale circola una soluzione refrigerante. La bassa temperatura (4-5 °c) diminuisce la solubilità delle particelle solide e ne provocano più facilmente la flocculazione e la precipitazione. L’illimpidimento è favorito anche dall’azione degli enzimi pectolitici, che rompono le molecole delle pectine, sostanze fibrose che aumentano la viscosità dei mosti, soprattutto di quelli ottenuti da uve botitrizzate o raccolte in vendemmia tardiva, rendendone a volte più complicata la filtrazione.
Aggiunta di anidride solforosa al mosto
L’anidride solforosa, sostanza gassosa, aggiunta al mosto soprattutto come metabisolfito di potassio svolge il maggior numero di funzioni all’interno dei trattamenti applicati al mosto. Grazie alle sue proprietà antiossidanti ed antiossidasiche, l’anidride solforosa limita i danni causati rispettivamente dall’ossigeno e dagli enzimi ossidativi, riducendo i fenomeni di imbrunimento, particolarmente dannosi per i mosti bianchi. Essa favorisce anche la chiarificazione del mosto ed inibisce lo sviluppo dei batteri e dei lieviti selvaggi favorendo d conseguenza quello dei Saccharomyces. Se le dosi sono elevate, fino a 10 volte superiori a quelle normali, si ottiene il mosto muto, così chiamato perché l’azione dei lieviti viene inibita e quindi non ribolle più. Durante la vinificazione in rosso, l’anidride solforosa favorisce poi la solubilizzazione di molte sostanze presenti nelle bucce. L’intensità del colore e la ricchezza in tannino e in estratto vengono variate soprattutto con pigiature più o meno energiche o con macerazioni a contatto con le bucce più o meno lunghe. In altri casi si devono effettuare delle correzioni per aumentare la concentrazione zuccherina o l’acidità.
Aumento del grado zuccherino del mosto
Per aumentare la concentrazione zuccherina del mosto si posso utilizzare diversi metodi. Il taglio con mosti refrigerati più ricchi di zucchero è ormai in disuso, in questo caso si predilige l’aggiunta di mosto concentrato rettificato (MCR). Questo viene ottenuto rettificando (togliendo i sali) dal mosto tramite colonne a scambio ionico e successivamente concentrandolo mediante l’evaporazione di una certa quantità di acqua mediante il vuoto, in modo da evitare la caramellizzazione degli zuccheri e l’alterazione delle caratteristiche organolettiche. L’aggiunta di zucchero (solitamente di canna) non è consentita in Italia, a parte sui vini liquorosi e per la spumantizzazione, a differenza di alcune zone dell’ europa del nord. Il mosto muto o il filtrato dolce vengono ottenuti rispettivamente attraverso l’aggiunta di un’elevata quantità di anidride solforosa per bloccare la fermentazione o mediante centrifugazione e filtrazione di un mosto parzialmente fermentato con un contenuto zuccherino del 18-20%.
Diminuzione del grado zuccherino del mosto
L’eventuale diminuzione del grado zuccherino si ottiene miscelando il mosto con altri a concentrazione di zucchero minore. La semplice diluizione abbasserebbe infatti la concentrazione di tutte le sostanze del mosto responsabili del suo profilo organolettico.
Aumento della concentrazione del mosto
Per aumentare la concentrazione dei mosti (zuccheri e acidi) senza alterarne le caratteristiche sensoriali è necessario allontanare una parte dell’acqua in essi contenuta. Questo può avvenire come detto sopra mediante evaporazione sotto vuoto o attraverso un processo conosciuto come osmosi inversa. La concentrazione sotto vuoto si è diffusa molto negli ultimi anni grazie alla qualità del prodotto finale. Inoltre l’apparecchiatura utilizzata ha un ingombro minimo ed è molto facile da utilizzare. Il procedimento consiste nel privare il mosto della parte solida e inviarlo in un piccolo serbatoio, all’interno del quale si crea una depressione spinta che fa evaporare l’acqua ad una temperatura tra i 22 e 24 °C. L’osmosi inversa produce risultati simili, pur essendo un metodo più complesso e costoso. Esso comporta l’utilizzo di una membrana semipermeabile che ha la proprietà di far passare, allontanandola, una parte dell’acqua contenuta nel mosto, trattenendo le sostanze in essa contenute.
Aumento dell’acidità del mosto
L’aumento dell’acidità fissa del mosto viene fatta attraverso l’aggiunta di acido tartarico, citrico o l-ascorbico (vitamina C). Questo è importante perché durante la fermentazione gli acidi vengono in parte trasformati e questo può causare una diminuzione della vivacità del colore e della percezione di freschezza gustativa. L’acidità protegge poi il mosto da malattie batteriche e fungine.
Riduzione dell’acidità del mosto
Nel raro caso in cui serva abbassare l’acidità del mosto, questo si ottiene addizionando sali come il carbonato di calcio, tartrato neutro o il bicarbonato di potassio. Questa pratica è auspicabile per mosti ottenuti da uve prodotte in annate fredde e che quindi sono state vendemmiate prima di avere raggiunto l’ideale grado di maturazione.