Il vitigno Nebbiolo è l’autoctono piemontese per antonomasia. Il suo nome potrebbe derivare da “nebbia“, secondo alcuni perchè gli acini sono ricoperti da abbondante pruina, mentre per altri per il fatto che è un’uva che viene vendemmiata in ottobre avanzato, quando i vigneti sono avvolti dalle nebbie mattutine. Il Nebbiolo è sicuramente il vitigno a bacca nera più pregiato e difficile tra gli italiani.
I Cloni del Nebbiolo
Sono stati identificati tre cloni principali del vitigno Nebbiolo, il Lampia, il Michet e il Rosé. Il Michet dà basse rese ed esprime aromi e gusto particolarmente intensi, mentre il Rosé produce vini dal colore molto scarico e sta via via scomparendo. La maggior parte dei vignaioli preferisce comunque lavorare su una miscela delle tre uve, proprio per dare al prodotto finale una maggior complessità.
Le zone di coltivazione del Nebbiolo
L’eccellenza della produzione del Nebbiolo è concentrata nelle Langhe e più precisamente nelle zone del Barolo e del Barbaresco (Piemonte) e in Valtellina (Lombardia). Fuori da queste aree di elezione le uve del Nebbiolo non hanno più quello spessore, quella forza e quella “nobiltà” che lo rendono unico al mondo.Nelle aree piemontesi di Boca, Bramaterra, Fara, Gattinara, Ghemme, Lessona e Sizzano è chiamato Spanna, mentre in Valtellina prende il nome di Chiavennasca. A Ghemme e Gattinara, due minuscole oasi tagliate dal fiume Sesia, nel nord del Piemonte, tra Vercelli e Novara, il Nebbiolo lo si trova in blend con la Vespolina, per dare piccole produzioni (appena 100 ettari per il Gattinara) non prive di piacevoli sorprese. Nella zona della DOC Boca, grazie a suoli rocciosi e all’escursione termica, si scoprono finezza di bouquet e sfumature minerali, piuttosto che la concentrazione dei tannini. A Carema, un comune al confine con la Valle d’Aosta, le difficoltà che impone la coltivazione della vite in altitudine hanno spinto molti ad abbandonare i vigneti, ma il Nebbiolo che se ne ottiene è estremamente intenso, con tannini evoluti, note di ciliegia sotto spirito, pepe e cacao, petali di rosa e le classiche note terrose di montagna. Un simile scenario di ripidi terrazzamenti intagliati tra le montagne, si ha in Valtellina, l’unico vero baluardo del Nebbiolo al di fuori del Piemonte, che qui viene chiamato Chiavennasca. Le versioni locali del Valtellina superiore DOCG includono il Sassella, dai tratti molto fini, il Grumello, fresco e con note minerali, l’Inferno, forse il più robusto e scorbutico, e infine il Valgella, più leggero e floreale. Lo Sforzato di Valtellina, detto Sfursat, è un vino prodotto da grappoli raccolti e poi fatti appassire per tre mesi, a cui segue una lunga vinificazione per estrarre tutto il possibile dalle bucce di Nebbiolo e almeno 12 mesi di affinamento in botte. Il Nebbiolo è molto usato anche in Valle d’Aosta, dove è chiamato Picoutener (Picotendro).