Indice dei contenuti

Il corso sul vino di Quattrocalici - Storia della vite e del vino

La Fillossera

La storia della Fillossera, il flagello della viticoltura Europea che ha cambiato la storia della vite e del vino dalla fine dell'800 ai giorni nostri.

Ciclo di vita della fillossera

Il fenomeno Fillossera

Il flagello della Fillossera si manifestò in Europa a partire dalla seconda metà dell’800. L’azione distruttiva del parassita ebbe come conseguenza la necessità di ricostruire completamente il patrimonio viticolo del continente, dividendo di fatto la storia del vino e della vite in due periodi, il periodo prefilosserico e quello postfilosserico.

Il meccanismo di azione della fillossera

La Fillossera è un insetto di origine americana che arrivò in Europa alla metà del secolo scorso e si diffuse rapidamente in tutti i vigneti. La Fillossera provoca danni sia a livello radicale, dove la fillossera provoca la formazione di galle nodose, anche di notevoli dimensioni, e perdita di capacità assorbente, sia a livello fogliare, provocando escrescenze tondeggianti e rugose che erompono verso la pagina inferiore, dando origine ad una superficie nodosa ed irregolare. Il suo ciclo riproduttivo è complesso: un primo insetto nasce da un uovo deposto sotto la corteccia della vite, che schiudendosi dà vita alla fondatrice. Questa depone circa 500 uova in una galla, protuberanza che viene formata tramite una puntura sulla pagina inferiore della foglia. Da qui nascono le larve, parte delle quali migra fino alle radici della pianta, che attacca deponendo altre uova e formando altre galle, facendone perdere la capacità assorbente. Il danno provocato dalla Fillossera si differenzia a seconda del tipo di vite attaccata:

  • se si tratta di Vite Americana, il danno radicale è limitato perché le radici di questa vite sono poco sensibili e reattive alle punture della Fillossera, mentre sono molto reattive le foglie che producono una grande quantità di galle;
  • se si tratta invece di Vite Europea, il danno è sicuramente più rilevante in quanto le radici di queste viti sono particolarmente sensibili e producono galle vistose se punte dall’insetto. Queste galle degenerano e provocano una disorganizzazione grave dei tessuti radicali compromettendo la funzione assorbente. Le foglie, invece, non reagiscono alle punture, per cui la formazione delle galle è poco significativa o completamente assente. Sulla Vite Europea l’infezione appare così silente fino a che le piante non iniziano a morire.

E’ accertato che la fillossera sia stata introdotta nel nostro continente durante la prima metà dell’800 con barbatelle di varietà americane come la Isabella, Catawba, e altre denominate volgarmente Uva Fragola, introdotte per contrastare importanti infezioni di oidio (anch’esso di origine Nord Americana), alle quali ancora non si opponeva una lotta chimica a base di zolfo. Importando le barbatelle di queste viti americane si causò la diffusione del parassita che da li a poco avrebbe devastato la viticoltura europea e costretto ad un rinnovamento epocale di questa coltura. La presenza della Fillossera venne registrata per prima in Francia, data la maggiore presenza di vigneti, sia nel basso Rodano che nella zona di Bordeaux.

Quello che permise una distruzione su così vasta scala fu che all’inizio non si conosceva né la biologia né le varie forme intermedie degli stadi di sviluppo dell’insetto, così dalle barbatelle infette l’insetto si propagò in tutta Europa ed anche oltre, ovunque si siano effettuati reimpianti o nuove coltivazioni della vite.

I rimedi

Per arginare il flagello si tentarono molte strade, fino anche alla sommersione dei vigneti (ove praticabile) per distruggere tramite asfissia i parassiti all’insabbiamento delle vigne, in quanto si notò che in terreni sabbiosi, soprattutto di origine marina, la fillossera era molto meno virulenta se non addirittura incapace di svilupparsi.

La soluzione efficace del problema si ebbe infine quando si comprese l’immunità radicale sviluppata da alcune specie americane, che poteva essere utilizzata per costruire una pianta con piede americano ma apparato vegetativo e riproduttivo europeo. La scoperta, che portò a salvare dal flagello la viticoltura mondiale, è attribuita a Thomas Volney Munson (1843-1913), ampelografo texano, conosciuto per il suo lavoro sull’identificazione dell’uva nativa americana (specialmente le varietà del Texas), rivelatosi di grande importanza per il loro uso nello sviluppo dei portainnesti. Questo lavoro ha fornito ai viticoltori europei portainnesti resistenti alla fillossera, sui quali innestare marze di viti europee, consentendo loro di riprendersi dalla devastante epidemia della fine del XIX secolo, pur continuando a coltivare l’antica Vitis vinifera. Questi portinnesti sono ancora utilizzati in tutto il mondo. In onore di questo lavoro, il governo francese lo nominò Chevalier du Merite Agricole della Legione d’Onore francese e la cittadina di Cognac, in Francia, divenne una gemellata con la località natale di Munson, Denison.

Intere regioni viticole nel tempo ricostruite con le nuove barbatelle bimembre, anche se, a causa della fillossera, migliaia di specie autoctone sviluppatesi nel mondo antico e medievale erano scomparse per sempre, e in Europa nasceva così la viticoltura moderna.

Marcello Leder
Marcello Leder

Sommelier AIS, divulgatore nel campo del vino e dell'enogastronomia. Ha fondato nel 2011 il portale Quattrocalici, divenuto punto di riferimento per la cultura del vino in Italia, ed è autore della sua struttura e di tutti i suoi contenuti.

Condividi questo articolo