Pietro (o Pier) de’ Crescenzi, (Bologna, 1233 – 1320) è considerato il maggiore agronomo del Medioevo occidentale. Nel suo Ruralium Commodorum ha descritto tecniche agronomiche e di coltivazione che determinarono elementi caratteristici del paesaggio agrario moderno in Italia. Il suo trattato fu uno dei pochissimi testi di agronomia a vedere la luce nel periodo medievale, tra la composizione dell’ultima grande opera agronomica della latinità, la monumentale enciclopedia di Plinio il Vecchio, e le prime espressioni dell’agronomia del Rinascimento. Pier de’ Crescenzi studiò filosofia e scienze all’Università di Bologna, già celebre in quei tempi, si laureò in diritto sotto il celebre Azzone Soldanus e fu giudice al tempo di Dante Alighieri. Pier de’ Crescenzi fu giudice in città diverse e viaggiando conobbe l’agricoltura delle regioni d’Italia. Una volta ritiratosi in pensione, descrisse in un’opera la summa agronomica del medioevo latino: Liber ruralium commodorum, ovvero “Libro dei benefici agricoli”. In quest’opera sono comprese tutte le colture principali, cereali e leguminose, ortaggi, frutti e vite, precetti per la manipolazione delle derrate, l’elenco delle proprietà medicinali di ogni pianta. L’opera si chiude con consigli per la caccia e l’uccellagione. Il valore dell’opera di Pier de’ Crescenzi nella storia della scienza è stato ed è oggetto di una lunga controversia. Alcuni ritengono che debba essere considerato un grande scienziato, altri spiegano invece l’oblio cui lo hanno condannato tutti gli agronomi moderni, dicendo che Pier de Crescenzi non fece altro che ripetere vuote formule peripatetiche, trascrivendo persino le nozioni di Columella senza percepire i problemi biologici lucidamente intuiti dall’agronomo iberico.