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Il corso sul vino di Quattrocalici - Vini aromatizzati

Barolo chinato

La tradizione dei vini chinati. Le proprietà curative della corteccia di china. La storia e le modalità di produzione del Barolo chinato.

il barolo chinato

Caratteristiche del Barolo chinato

Il Barolo chinato è un vino aromatizzato che viene prodotto aggiungendo al Barolo DOCG una soluzione di zucchero in alcol etilico, alla quale precedentemente sono state poste in lenta macerazione e a temperatura ambiente diverse spezie, onde estrarne le componenti aromatiche. Tra queste, la corteccia di China calisaia, radici di rabarbaro e di genziana e seme di cardamomo. All’aromatizzazione del vino segue un affinamento in botte di circa un anno. Il Barolo chinato ha una gradazione alcolica tra i 16 e i 17 gradi e un contenuto aromatico ed un gusto dolce-amaro che lo rende adatto come digestivo a fine pasto ma anche come vino da meditazione, in alternativa al Porto, al Marsala vergine o ai vini liquorosi in genere. Per la sua persistenza aromatica, il Barolo chinato si abbina ottimamente con il cioccolato amaro.

La corteccia di china e le sue proprietà

La china è un albero che cresce in Perù, il cui principio attivo, il famoso chinino, contenuto nella sua corteccia, è stato per anni l’unico rimedio utile alla cura della febbre e della malaria. Proprio a questo si deve la diffusione dei vini chinati, grazie alle loro proprietà curative per le malattie da raffreddamento e le infezioni dello stomaco. Il principio attivo della china fu isolato per primo da due chimici francesi, P.J. Pelletier e J.B. Cavenotu nel 1820. Il chinino si scioglie molto bene in alcol e questo spiega il motivo della nascita di vini chinati e liquori che lo contenevano come estratto.

Breve storia del Barolo Chinato

I vini chinati videro la nascita in Francia, ma la loro tradizione si estese ben presto anche al Piemonte, vicino alla Francia sia geograficamente che come cultura. In Piemonte il principale vino aromatizzato a base di china è il Barolo Chinato. Esso viene prodotto a partire dal vino Barolo DOCG, ottenuto da uve Nebbiolo, ma esistono anche in Piemonte esempi di vino chinato a base di Barbera, che però ha il difetto di avere una spiccata acidità che sembra non sposarsi armonicamente con il sentore il botanico della china. Sono stati fatti degli esperimenti con il Dolcetto e la Freisa, ma essi hanno poca attinenza con la tradizione e non hanno trovato diffusione sul mercato. Il Barolo chinato nasce nella zona di produzione del Barolo, in particolare a Serralunga d’Alba, alla fine dell’800, per opera del farmacista Giuseppe Cappellano e poi sviluppato e promosso da altri produttori fra cui Giulio Cocchi di Asti a partire dal 1891. Idealmente il Barolo chinato viene elaborato con vino Barolo invecchiato almeno 10 anni, in cui tannini vellutati si integrano alla perfezione con i sentori botanici della china, soprattutto dopo che la spiccata acidità derivante dal Nebbiolo si è smussata grazie alla lunga permanenza in legno. Nell’immediato dopoguerra, proprio in corrispondenza al periodo del suo massimo successo, si ebbe il declino qualitativo del Barolo Chinato, che veniva sempre più spesso prodotto per utilizzare il vino delle annate meno fortunate o con uva proveniente da vigne di Nebbiolo non particolarmente vocate. L’abbassamento del livello qualitativo dovuto all’immissione sul mercato di vini chinati a basso prezzo, prodotti con gli avanzi invenduti della cantina o con vitigni poco vocati per la concia, come il Dolcetto, fece progressivamente allontanare il consumatore dal Barolo chinato, che dovette anche subire il generale arretramento dell’interesse verso i liquori a base di infusi d’erbe zuccherati.

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Marcello Leder

Sommelier AIS, divulgatore nel campo del vino e dell'enogastronomia. Ha fondato nel 2011 il portale Quattrocalici, divenuto punto di riferimento per la cultura del vino in Italia, ed è autore della sua struttura e di tutti i suoi contenuti.

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