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Il corso sul vino di Quattrocalici - Vini salutistici

Vini naturali

I vari aspetti dell'approccio naturale e salutistico al vino e alla sua produzione.

vini naturali

Il mito del “Vino naturale”

Il vino è un prodotto dell’uomo, quindi la definizione stessa di “vino naturale” è di per sé stessa ambigua. Infatti non esistono regole ferree che stabiliscono cosa sia il vino naturale, né organismi che ne certifichino l’applicazione, non esistono nemmeno “bollini” ufficiali o meno (come invece nel caso dei prodotti biodinamici). L’ambiguità è anche dovuta al fatto che l’uso comune della parola “naturale” implica qualità e genuinità, che spesso sono tutte da dimostrare. All’origine di molti di questi discorsi e di più di qualche polemica è il fatto che non esiste una definizione univoca divino naturale“.

Cosa si intende per “vini naturali”

I vini naturali sono anche chiamati “vini secondo natura” o “vini veri” e sono dei vini artigianali, realizzati in piccole cantine da vignaioli che lavorano le proprie uve, coltivate in regime di agricoltura biologica.  La vinificazione dei vini naturali prevede la fermentazione spontanea del mosto, senza aggiunta di lieviti selezionati e altre sostanze, fatta eventualmente eccezione per piccole quantità di anidride solforosa, evitando anche il ricorso ad altri procedimenti invasivi.

In realtà, ad oggi non esistono regole ferree, né organismi certificatori, né un consenso unanime sulla definizione di “vino naturale”. Esistono però numerose associazioni spontanee di viticoltori che promuovono questa tipologia di vini, secondo disciplinari o “manifesti” volontari, spesso diversi tra loro, anche se con molti punti in comune. Il movimento verso il rifiuto della vinificazione tecnologica è partito in Francia e si è rapidamente diffuso in tutto il mondo. Queste filosofie si sovrappongono ed in parte abbracciano, oltre ai principi della viticoltura biologica, anche quelli della biodinamica. Spesso i metodi di produzione si rifanno a competenze artigiane antiche e specifiche di un determinato territorio anche in funzione delle caratteristiche dei diversi terroir, delle tipologie di vino e dei vitigni tradizionalmente coltivati nelle varie zone.

I vini “convenzionali” contrapposti a quelli “naturali”

La vitivinicoltura convenzionale si può suddividere in produzioni di massa e produzioni di alta qualità. Nella produzione di massa l’utilizzo della chimica sia in vigna che in cantina permette di ottenere vini poco costosi e qualitativamente soddisfacenti. Per produrre vini di qualità con metodi convenzionali, è invece richiesta la disponibilità ad investire ingenti risorse che permettono l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e la microbiologia moderna fa sì che anche per  questi vini non si abbia più bisogno di ricorrere ad un uso esagerato della chimica. La produzione di vini di qualità parte dalla scelta del terroir e del microclima ideale per i vitigni da coltivare, sapendo che la vite richiede suoli poveri, un clima secco con buone esposizioni e grandi escursioni termiche. Adottando rese in prodotto spesso anche inferiori rispetto a quelle imposte dai disciplinari, non si ha bisogno di ricorrere alla concentrazione dei mosti. In campagna si presta ogni cura nella selezione e nel trasporto delle uve alla cantina., dove vengono poi pigiate in maniera soffice, utilizzando presse pneumatiche e le fermentazioni sono svolte in tini con controllo della temperatura. I mosti di alta qualità così ottenuti vengono poi inoculati con lieviti selezionati ottenendo vini a basso contenuto di acidità volatile e alto tenore alcolico. Tutti procedimenti di alta tecnologia sono essenzialmente fisici e non chimici e l’unico prodotto chimico è l’anidride solforosa con funzione prevalentemente antibatterica. Poi ci sono i piccoli produttori, vocati a produzioni di qualità, che limitano l’uso della chimica ma non hanno accesso alla tecnologia più avanzata, perchè producendo poco non dispongono dei capitali necessari.

I vini biologici

I vini biologici provengono da uve ottenute senza l’uso di erbicidi e pesticidi, essendo ammessi solo quelli a base di solfato di rame e zolfo per proteggere le viti dalle malattie. Sono però permessi l’utilizzo di tecnologia e automazione sia in vigna che in cantina. Anche se l’uso della solforosa viene limitato, l’utilizzo di prodotti chimici enologici e di mosti concentrati rettificati non è vietato (purchè ottenuti da uve biologiche). L’elenco delle sostanze permesse è tale da permettere qualsiasi tipo di correzione atta a salvare il raccolto quando l’inclemenza della natura lo richieda.

I vini biodinamici

Nel caso dei vini biodinamici, dove esistono regolamenti volontari creati dalle associazioni di agricoltori biodinamici, viene imposta l’assenza di chimica totale sia nel vigneto, che deve essere coltivato seguendo i principi di Steiner e la raccolta meccanica e l’uso di OGM sono vietati. In cantina sono invece vietati la raccolta meccanica, l’osmosi inversa, le ultrafiltrazioni, le pompe, la pressatura continua, i lieviti selezionati e i loro nutrimenti, la pastorizzazione e molti dei più comuni prodotti enologici. Il contenuto di solforosa ammesso è più basso di quello dei vini biologici e si preferiscono i trattamenti fisici rispetto a quelli chimici.

L’approccio naturale in vigna e in cantina

Un vino naturale (o “vino secondo natura“, o “vino vero” o “vino artigianale“) viene innanzitutto senz’altro realizzato in primo luogo in vigna. Per coltivare la vite il produttore applica metodi di agricoltura biologica, o biodinamica o altri metodi naturali che escludono l’impiego della chimica di sintesi. I vigneti dovranno quindi necessariamente essere ubicati in posizioni vocate, stimolando la crescita delle piante senza forzarne la produttività ed aiutando il terreno a mantenere viva la propria naturale fertilità. Le uve che arrivano in cantina dovranno essere naturalmente sane, ricche di sapore e personalità. Più l’uva è sana più semplice sarà la produzione di un vino naturale.

La vinificazione dovrebbe avvenire per fermentazione spontanea del mosto, senza aggiunta di lieviti selezionati o altre sostanze, fatta eventualmente eccezione per piccole quantità di anidride solforosa, indispensabile per preservare la sanità del vino nella fasi di travaso e di imbottigliamento. Tutte  le varie operazioni e pratiche di cantina, come la fermentazione ma anche l’ammostamento, la macerazione, l’illimpidimento, la maturazione, l’affinamento, e la stabilizzazione del vino dovrebbero essere condotte senza l’impiego di mezzi, apparecchiature o sostanze atte ad alterare la natura del vino stesso.

Non mancano comunque  produttori con un approccio molto più radicale, quali quelli aderenti al protocollo SAINS (Sans Aucun Intrant Ni Sulfite ossia senza alcun additivo né solfiti) che dicono di produrre vino senza chimica nè in vigna nè in cantina e sembrano affidarsi alla natura sia per il raccolto che per il vino. La differenza sostanziale, oltre ai criteri di produzione è nel contenuto di anidride solforosa aggiunta. Nel corso degli anni la produzione di vini alternativi è aumentata, favorita dalle mode ecologiste, ambientaliste, vegetariane e vegane. Tutti questi vini sono sicuramente originali, alcuni di questi sono discreti, altri meno, pochi gli eccelsi (come è giusto che sia). Dal nostro punto di vista, la qualità del risultato, nel proprio ambito di tipologia, è quella che dovrebbe indirizzare le scelte produttive.

Meglio un vino naturale o un vino convenzionale?

I vantaggi dei protocolli dei vini naturali in sintesi sono i seguenti:

  • Il rispetto della natura, dei suoi ritmi e dei suoi equilibri;
  • L’assenza di sostanze di sintesi sia in vigna che in cantina;
  • I vini sono sempre diversi, sempre da scoprire e da raccontare;
  • La personalità e l’approccio del vignaiolo sono centrali per la definizione dello stile del prodotto.

A fronte di ciò vi sono però anche alcuni svantaggi, o meglio l’approccio naturale non si presta a tutte le realtà, perchè l’essere vincolati a doppio filo alla variabilità del clima e dei fenomeni naturali comporta:

  • difficoltà maggiore nell’assicurare costanza di volumi produttivi alla filiera commerciale;
  • erraticità nelle caratteristiche organolettiche dei vini da un’annata all’altra (nel senso che non solo i vini possono essere “diversi” un anno per l’altro ma anche essere di qualità sostanzialmente diversa);
  • specificità di alcuni aspetti organolettici (ad esempio acidità volatile leggermente più elevata) non sempre capiti o graditi dal grande pubblico;
  • difficoltà pratiche di applicazione dei principi fondanti al crescere del volume di produzione.

Dal punto di vista del consumatore, ognuno sceglie di fatto qual è il vino che più gli piace in base al proprio gusto personale. Si trovano vini buoni e vini cattivi sia tra i vini naturali che tra quelli convenzionali. Non è detto che il vino naturale debba necessariamente avere delle connotazioni di colore o anche sentore fuori dalle righe, anche se, ad onor del vero, spesso sono proprio queste che vengono ricercate dagli appassionati. Da un punto di vista “salutistico” invece, è chiaro che un vino ben fatto, prodotto da uva non trattata, di altissima qualità e che utilizza meno additivi chimici, o non li utilizza affatto, è più “sano” rispetto ad un vino convenzionale.

Marcello Leder
Marcello Leder

Sommelier AIS, divulgatore nel campo del vino e dell'enogastronomia. Ha fondato nel 2011 il portale Quattrocalici, divenuto punto di riferimento per la cultura del vino in Italia, ed è autore della sua struttura e di tutti i suoi contenuti.

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