Indice dei contenuti

Il corso sulle birre di Quattrocalici

Malto d’Orzo – Materie prime della Birra

Cos'è il malto d'orzo, la sua produzione e il suo ruolo ha nel profilo organolettico della birra. Le diverse tipologie di malto d'orzo e il loro utilizzo.
malto - le materie prime per la birra

Il malto d’orzo: l’anima della birra

Il malto d’orzo si può considerare l’anima della birra. Infatti le principali caratteristiche organolettiche della birra, quali il corpo, la gradazione alcolica e il colore, dipendono dal tipo di malto impiegato.

Caratteristiche dell’orzo

L’orzo è un cereale, tra i primi ad essere stati addomesticati e coltivati dall’uomo. L’orzo è una pianta molto rustica, ossia è in grado di adattarsi facilmente a climi e situazioni ambientali diverse e a resistere alle più difficili condizioni meteorologiche. Dal punto di vista nutrizionale, l’orzo ha alto contenuto in amidi e possiede al suo interno enzimi in grado di scinderli in zuccheri fermentescibili. Dal punto di vista morfologico, il chicco d’orzo è formato da una carosside, il chicco, ossia il vero e proprio frutto della pianta, rivestita da glumelle, che costituiscono una buccia protettiva per la carosside. A seconda del numero di carossidi per file nella spiga l’orzo può essere distico (two-row), ossia con le carossidi disposte a coppie di due per livello, o polistico (es. esastico o six-row) quando le carossidi sono più di due per ciascun livello. L’orzo distico in genere è più pesante, ha un contenuto di fibra inferiore, più amido e proteina ed è il più adatto alla produzione della birra. A sua volta si distingue in orzo autunnale e primaverile a seconda del periodo di semina. L’orzo polistico (4-6 carossidi) è più leggero e viene in genere usato in miscele di cereali.

Il malto d’orzo

Per poter venir avviato alla fermentazione, l’orzo va prima trasformato in malto (maltazione). La maltazione è un processo con il quale l’orzo, fatto macerare in acqua fino ad assorbirne una quantità circa uguale al suo peso e poi trasferito in un luogo ventilato, inizia a germogliare al suo interno, sviluppando una radichetta dall’estremità inferiore della carosside. Durante questo processo l’amido contenuto nella carosside si scinde e libera zuccheri semplici (fermentescibili) che dovrebbero supportare la crescita della pianta. Questo processo  determina il grado di modifica del malto, che è del 100% se completamente modificato, con contenuto minimo in proteine e massimo in zuccheri. I malti solitamente impiegati per la birra hanno un grado di modifica dal 50 al 70% ed abbisognano di un periodo di ammollo a 50°C per degradare le proteine (albumina) in frazioni che possano venire usate per la schiuma e la crescita dei lieviti. In pratica il processo completo di maltazione comporta la messa a bagno dell’orzo a 12 C° per due, tre giorni, e poi lasciato germinare per sei, dieci giorni a 20 C°.  Alla fine della germinazione il malto viene gradualmente portato alla temperatura di 30 C° e lasciato a tale temperatura per 25 ore per permettere l’azione enzimatica. Poi viene portato a 50 C° e lasciato per 12 ore ad asciugare, perché è necessario che sia asciutto fino all’osso prima di essere tostato per prevenire la distruzione degli enzimi. A questo segue la fase di tostatura del malto, in funzione della cui temperatura si ottengono malti con colorazioni diverse, che influenzeranno colore e sapore della birra.

Il contenuto enzimatico dei malti

Dal punto di vista del loro contenuto in enzimi, i malti si possono suddividere in tre categorie, fondamentali dal punto di vista operativo:

  1. Malti che contengono al loro interno, oltre agli enzimi necessari alla conversione del loro amido in zuccheri, anche enzimi in eccesso;
  2. Malti che contengono enzimi in quantità strettamente necessaria alla conversione del proprio amido;
  3. Malti che non contengono enzimi e che quindi vanno necessariamente miscelati con grani del tipo 1.

Tipologie di malto per la birra

Nell’antichità, quando non esistevano termometri e il combustibile usato per la tostatura era esclusivamente vegetale, il malto ottenuto veniva spesso bruciato e trasmetteva al fermentato un caratteristico odore di fumo. L’utilizzo di combustibili fossili (carbon coke) e il controllo della temperatura hanno permesso di produrre malti più chiari (pale) e con maggior contenuto in zuccheri per la fermentazione. Ad influenzare la colorazione del malto è anche l’ossidazione degli zuccheri e la loro combinazione con sostanze azotate sotto effetto del calore. Questi composti si caratterizzano per il loro colore scuro e le note di tostatura. I malti si differenziano in base alla colorazione che sono in grado di impartire alla birra, misurata in una scala in gradi Lovibond (dallo scienziato che la formulò, alla fine dell’800) da 2 a più di 40 gradi, o gradi EBC (European Brewery Convention), da 4 a 70 gradi o più per le birre e fino ad oltre 1000 per le tipologie di malto. I valori più bassi si riferiscono alle birre e ai malti più chiari, i più alti a birre e malti più scuri. I vari tipi di malto vengono suddivisi in gruppi a seconda delle lor caratteristiche.

Malti base

Le tipologie di malto che costituiscono la base per le ricette e che vengono impiegate in quantità predominante rispetto alle altre, vengono dette malti base. Essi sono ricchi di enzimi e fungono da base per le modificazioni a livello chimico e biologico che devono avvenire per realizzare una buona birra. Alcuni tipi di malto base sono ad esempio il malto Pilsner, la base per moltissime birre europee, che dona alla birra il suo classico colore chiaro. Il Pale è simile al Pilsner ma è più modificato ed essiccato a temperature più elevate. Il Vienna e il Munich sono malti trattato a temperature molto più alte dei precedenti e vengono utilizzati per dare colorazioni più scure alla birra. Il malto melanoidinico ha invece colore ambrato e dà alla birra un sapore dolce, quasi di miele, rendendo la birra anche più morbida al palato.

Malti caramello

Se il malto viene tostato senza preventiva essicazione, viene caramellato. I malti caramello sono più cristallini e contengono più zuccheri che conferiscono alla birra corpo e gusto dolce appunto di caramello. Alcuni esempi di malto caramello sono il Carapils,  malto dal colore chiaro e bassa fermentabilità, di norma impiegato per dare corpo e struttura alla birra. Il malto Caramunich e il Caravienna, molto simili ai malti di base Monaco e Vienna da cui derivano, con però più struttura e colore rispetto a questi ultimi. Il malto Crystal è quello che più di tutti riesce a dare il gusto caramellato alle birre e ha colorazioni che possono variare da toni ambrati a bruni a seconda della tipologia.

Malti tostati o scuri

Sottoponendo a tostatura malti di tipo pale si ottengono malti tostati in una vasta gamma di colori dal marrone chiaro a quello molto scuro. Sono di sapore più secco rispetto ai malti caramello e sono utilizzati per produrre birre scure con sapori e odori tendenti all’affumicato e al tostato. Di norma non vanno mai utilizzati in proporzioni superiori al 7-10% per non compromettere l’equilibrio finale del prodotto. Alcuni esempi di malti tostati sono i malti Biscuit, Amber e Brown (30-200 EBC), con colorazioni ambrate e note di mou, crosta di pane e frutta secca; il Chocolate (>600 EBC), malto dall’aroma di cioccolato e di caffè tostato, che anche aggiunto in dosi moderate può contribuire in modo deciso al colore scuro della birra; il Roasted Barley, letteralmente “orzo tostato” che un malto più scuro e che quindi contribuisce in maniera più spinta alla colorazione della birra e le conferisce un aroma deciso di caffè tostato; il Black Malt (>1200 EBC) è simile al Roasted Barley ma ha un aroma di caffè tostato ancora più deciso e penetrante.

Malti speciali

Vi sono poi tipologie di malto che vengono sottoposte a trattamenti che permettono di ottenere caratteristiche organolettiche particolari nelle birre in cui vengono utilizzati. Alcuni esempi sono i malti acidulati, che abbassano il pH dando alle birre particolare freschezza gustativa (ad esempio nelle Lager), i malti affumicati che vengono letteralmente affumicati con legna di faggio durante l’essiccazione, trasmettendo poi alle birre il loro aroma caratteristico e i malti torbati, sempre affumicati ma utilizzando torba invece che legno. Questi ultimi vengono utilizzati in Scozia per la produzione del whisky oltre che delle birre e devono la loro origine alla disponibilità locale di torba che veniva usata comunemente come combustibile.

Altri cereali

Frumento e avena sono cereali che possono venir impiegati in casi particolari per dare sapore particolare e morbidezza alle birre. Il frumento viene impiegato nelle birre bianche, le Weizen o Weiss tedesche e le Witbier belghe, l’avena in alcuni tipi di birra inglese.

Succedanei del malto

Come avviene nel caso del vino, anche nella birra è possibile lo zuccheraggio dei mosti per ragioni di tipo economico o di opportunità. Come nel caso del vino, per il quale lo zuccheraggio dei mosti è vietato in Italia ma non in Germania, così nel caso delle birre il Reinheitsgebot lo proibisce in Germania, mentre in Italia è permesso fino ad una misura del 40%. Nel caso della birra però le ragioni sono solamente economiche, a differenza del vino dove ragioni climatiche non consentono in alcune zone ad arrivare a contenuti zuccheri soddisfacenti nelle uve vendemmiate. Le castagne sono un frutto ricchissimo in amidi che si possono essere utilizzate per la produzione di birra, soprattutto in Italia, dove sono molto diffuse, ma che presentano qualche difficoltà in più a livello di processo proprio per il loro elevato contenuto in amidi.

 

Picture of Marcello Leder
Marcello Leder

Laureato in Chimica, Sommelier AIS. Si interessa di biochimica ed enologia, di enografia e storia del vino e della vite, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti che legano la produzione vitivinicola al territorio e alla vicende umane. Ha fondato Quattrocalici nel 2011 ed è l'autore della struttura e del progetto del portale e di tutti i suoi contenuti. Fin da allora si occupa attivamente di marketing e comunicazione del vino e di divulgazione nel campo dell'enogastronomia.

Condividi: