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Il corso sulle birre di Quattrocalici

L’Esame visivo della birra

L'Esame visivo è la prima fase della degustazione di una birra e permette di valutarne la schiuma, il colore e la trasparenza.
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L’Esame visivo è la prima fase della degustazione di una birra e permette di valutarne la schiuma, il colore e la trasparenza.

La valutazione della schiuma nella degustazione della birra

La schiuma è fondamentale nella descrizione delle caratteristiche di una birra, perchè ci fornisce moltissime informazioni sulla sua produzione. Anche il metodo di spillatura influisce sulla formazione e la persistenza della schiuma. Inoltre la schiuma consente di individuare eventuali problemi avvenuti in fase di fermentazione o contaminazioni della birra successive alla sua produzione. Innanzitutto, per poter valutare correttamente la schiuma è fondamentale che i bicchieri siano stati lavati perfettamente. In fase di degustazione è anche ammesso il ricorso a bicchieri di plastica usa e getta. La prima cosa da valutare è se la schiuma sia presente o meno. Si passa poi ad esaminare la struttura e la persistenza della schiuma presente sopra la birra. A seconda della sua “grana” la schiuma potrà venir definita fine, media o grossolana. In funzione del tempo che il “cappello” impiega a scomparire da sopra la birra, la schiuma potrà definirsi evanescente, media o persistente.

Il colore della birra

 

Il colore è il secondo aspetto che viene valutato nell’esame visivo della birra. Il colore permette di contestualizzare una birra all’interno della suo stile e tipologia, ma non ci fornisce altre informazioni, che saranno tema dell’esame olfattivo e gustativo. Ad una prima occhiata, potremmo innanzitutto distinguere le birre in chiare, ambrate o scure. Esiste una scala ufficiale per definire la tonalità della birra all’interno delle tre famiglie di colore, nota come Scala EBC (European Brewery Convention). La Scala EBC di colorazione della birra fa riferimento a valori ottenuti in laboratorio grazie ad uno strumento chiamato spettrofotometro, che permette di valutare le tre coordinate di colore del liquido sotto esame. Da queste coordinate mediante una formula si arriva ad un valore EBC espresso in unità da 0 a 80, dove 0 è il colore più chiaro della scala e 80 il più scuro. In Nord e Sud America si adotta invece la Scala SRM (Standard Reference Method) che è legata alla Scala EBC da una semplice conversione aritmetica (SRM=ABCx0,508), per cui  la Scala SRM va da 0 a 40 nello stesso intervallo di colorazione.

La limpidezza della birra

La limpidezza della birra è una proprietà legata ad un numero molto elevato di fattori stilistici e produttivi. La limpidezza della birra va sempre valutata in funzione dello stile birrario in questione. Ad esempio le Pils devono avere un’elevata limpidezza, mentre le Blonde belghe sono sempre lievemente opalescenti. Una torbidità eccessiva è comunque un difetto, che prelude a problemi gustativi come sensazioni di polverosità o fangosità, assolutamente da evitare. Escludendo le contaminazioni, nel caso delle quali l’aspetto della birra non sarà certo il problema principale, velatura nelle birre è riconducibile a diversi fattori. Il primo  è il tipo di lievito e al suo utilizzo. Ad esempio negli stili del Belgio o nelle Weisse, i lieviti utilizzati hanno minore tendenza alla floculazione (separazione per aggregazione delle cellule) per cui le birre risultano velate. I lieviti usati in altri stili si separano più facilmente, per cui ci si aspetta da essi maggiore limpidezza. In fase di produzione si cerca di evitare l’eccesso di lievito nel prodotto finito mediante spurghi, abbattimento di temperatura a fine fermentazione e travasi. Le birre rifermentate in bottiglia o in fusto, come appunto quelle viste sopra, nelle quali è lasciato al lievito il compito di carbonare la birra, presentano un sedimento che si tradurrà in velatura una volta servito nel bicchiere. Le birre artigianali non vengono quasi mai centrifugate o micorfiltrate, per cui in generale non sono mai completamente trasparenti e limpide come quelle industriali. Il loro aspetto lievemente velato rassicura il consumatore sulla loro origine, ma va anche detto che filtrazioni estreme allontanano, oltre ai lieviti residui, anche altri elementi che concorrono alla fragranza e complessità gustativa della birra. L’eccesso di proteine e il loro coagulo, dovuto al malto e ad errate procedure di birrificazione, è un altro fattore che incide sulla limpidezza della birra, provocando il cosiddetto “chill haze” che si manifesta refrigerando la birra per la conservazione o il servizio o il “pemanent haze“, osservabile già a temperatura ambiente. Per evitare questo, in fase di ammostamento si introduce una pausa, detta “protein rest“, a 50-56°C, per circa una decina di minuti, che permette la coagulazione dell’eccesso di proteine. Il malto di frumento e i cereali non maltati (come riso, mais, sorgo, orzo, segale e lo stesso frumento) tendono ad avere una quantità di proteine maggiore rispetto all’orzo. In questi casi la protein rest è obbligatoria e comunque la birra risulterà naturalmente un po’ velata. Anche l’utilizzo di elevate dosi di luppolo può causare torbidità. Infatti i polifenoli del luppolo possono legarsi alle proteine presenti nel mosto, creando chill o permanent haze. Travasi e spurghi, sia in fase di ammostamento, che dopo la bollitura e nelle fasi di fermentazione, permettono di eliminare le proteine precipitate e in eccesso.

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Marcello Leder

Laureato in Chimica, Sommelier AIS. Si interessa di biochimica ed enologia, di enografia e storia del vino e della vite, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti che legano la produzione vitivinicola al territorio e alla vicende umane. Ha fondato Quattrocalici nel 2011 ed è l'autore della struttura e del progetto del portale e di tutti i suoi contenuti. Fin da allora si occupa attivamente di marketing e comunicazione del vino e di divulgazione nel campo dell'enogastronomia.

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