La Campania, con una superficie vitata di circa 24.000 ha, ha un notevole patrimonio di vitigni, in particolare in vitigni autoctoni, che nel corso degli anni si sono adattati alle aree costiere e isolane, esposte al mare e alla salsedine, o a quelle vulcaniche, come quella del Vesuvio o di Pozzuoli. Il 60% della superficie vitata è occupato da vitigni a bacca nera e il 40% da quelli a bacca bianca. Alcuni di essi sono stati solo recentemente riscoperti e valorizzati come meritano, e da cui provengono i vini più interessanti della Campania. In regione sono molti i vitigni autoctoni, Le zone interne, come l’Irpinia, hanno inverni più rigidi e piovosi. Qui i terreni, sottoposti a secoli di attività vulcanica, danno vini, sia bianchi che rossi, di grande eleganza.Fra i vitigni a bacca bianca autoctoni della Campania si ricordano l’Asprinio, la Falanghina, il Fiano, il Greco, la Coda di Volpe, il Pallagrello bianco, il Biancolella e la Forastera. Tra i vitigni autoctoni a bacca nera, l’Aglianico, al quale si uniscono il Piedirosso (detto Per’e Palummo, ossia Piede di Colombo), lo Sciascinoso, il Pallagrello nero e il Casavecchia. Quest’ultimo vitigno, dimenticato per anni e recentemente riscoperto con ottimi risultati, è un’uva dalle eccellenti qualità capace di produrre vini rossi di estrema eleganza e riccamente colorati, avendo un contenuto in antociani superiore a quello dell’Aglianico. La superficie coltivata a vitigni internazionali non supera il 2% del totale, concentrata soprattutto in provincia di Salerno, con il Merlot al primo posto (1%) e il Cabernet sauvignon al secondo (0,5%). Vitigni a diffusione nazionale hanno anch’essi un ruolo minimale, come nel caso della Barbera (6%), il Sangiovese (6%), la Malvasia di Candia (2%) e il Montepulciano (2,5%) rientrano solo molto limitatamente nei disciplinari dei vini DOC.