Fino alla fine del XIX secolo il Chatus era ampiamente diffuso sui versanti collinari della vallée du Doux e dell’Eyrieux, dove trovava un habitat ideale nei terreni scistosi e granitici dell’altopiano ardéchois. La crisi della fillossera ne causò la quasi totale scomparsa, poiché la varietà si dimostrò difficile da innestare e poco adattabile ai portainnesti allora disponibili. Sopravvisse soltanto in alcune vigne isolate, fino alla sua riscoperta negli anni Ottanta del Novecento da parte di un gruppo di viticoltori e ricercatori dell’Institut Français de la Vigne et du Vin, che avviarono un ambizioso programma di recupero e reimpianto.
Oggi il Chatus è nuovamente coltivato, seppur su superfici limitate, come vitigno storico dell’Ardèche e simbolo della rinascita della viticoltura locale. È apprezzato per la sua autenticità, la sua rusticità montana e la capacità di dare vini strutturati, austeri e longevi, che incarnano lo spirito del terroir granitico delle Cévennes ardéchoises.
Dal punto di vista culturale, il Chatus rappresenta uno degli esempi più emblematici di conservazione della biodiversità viticola francese. Il suo recupero è diventato un progetto identitario per l’Ardèche, volto a preservare non solo un patrimonio genetico raro, ma anche una tradizione enologica che racconta il legame profondo tra la vite e le terre alte del Massiccio Centrale.
Zone di coltivazione
Il Chatus è oggi coltivato quasi esclusivamente nel dipartimento dell’Ardèche, nella regione dell’Auvergne-Rhône-Alpes. Le principali aree di produzione si trovano nelle valli del Doux, dell’Eyrieux e dell’Azergues, tra i comuni di Saint-Laurent-du-Pape, Privas, Lamastre e Vernoux-en-Vivarais. Gli impianti si situano tra i 300 e i 600 metri di altitudine, su suoli poveri, acidi e drenanti di natura granitica o scistosa.
Il clima è di tipo semicontinentale con influssi mediterranei: estati calde ma ventilate, autunni asciutti e inverni rigidi, con forti escursioni termiche. Queste condizioni favoriscono la maturazione lenta e completa delle uve, mantenendo elevata l’acidità e sviluppando una notevole complessità fenolica. Piccole superfici sperimentali sono state piantate anche in altre zone del sud della Francia (Lozère, Haute-Loire, Gard), ma la produzione rimane quasi interamente concentrata in Ardèche, dove esiste una specifica IGP Coteaux de l’Ardèche dedicata ai vini da Chatus.
In Italia, lo Chatus è noto come Nebbiolo di Dronero ed è un vitigno a bacca nera storicamente coltivato nelle valli alpine del Piemonte sud-occidentale, in particolare nella Valle Maira e nella Valle Grana, in provincia di Cuneo.
Caratteristiche ampelografiche
La pianta di Chatus è vigorosa, di portamento semieretto, con tralci robusti e legno maturo di colore bruno. Le foglie sono di medie dimensioni, orbicolari o trilobate, con lembo spesso e leggermente bolloso. Il grappolo è medio, conico o cilindrico, piuttosto compatto, a volte con un’ala corta. Gli acini sono piccoli o medio-piccoli, sferici, con buccia spessa e coriacea di colore blu-nero, molto pruinosa e ricca di antociani. La polpa è succosa, dal sapore neutro e leggermente acidulo.
Germoglia in epoca media e matura tardi, spesso a inizio ottobre, caratteristica che richiede esposizioni ottimali e buone insolazioni per completare la maturazione. È una varietà di buona fertilità ma non eccessivamente produttiva, con rese moderate e costanti. La struttura compatta del grappolo lo rende sensibile alla botrite in annate umide, ma il clima ventilato delle alture ardéchoises ne limita generalmente l’incidenza.
Caratteristiche colturali e agronomiche
Il Chatus predilige suoli poveri, sciolti e acidi, tipici dei rilievi granitici e scistosi dell’Ardèche, dove la vite deve radicare profondamente per accedere alle risorse idriche. È un vitigno rustico e resistente, capace di tollerare bene la siccità e le forti escursioni termiche. Mostra buona resistenza alla peronospora e all’oidio, ma può essere vulnerabile alla botrite in raccolte tardive.
La coltivazione prevede forme di allevamento tradizionali a cordone speronato o a guyot semplice, con potature corte per mantenere equilibrio vegetativo e concentrazione qualitativa. Le rese si mantengono contenute (intorno ai 50–60 q/ha), fattore che contribuisce alla densità e alla longevità dei vini. Grazie alla sua rusticità e al buon comportamento in terreni marginali, il vitigno è oggi oggetto di progetti di viticoltura sostenibile e di reimpianto in zone montane a rischio di abbandono agricolo.
Caratteristiche enologiche del vitigno
Le uve di Chatus producono mosti molto ricchi in polifenoli, con elevato contenuto di tannini e acidità spiccata. Queste caratteristiche rendono il vitigno particolarmente adatto alla produzione di vini strutturati, austeri e longevi. La vinificazione richiede attenzione nella gestione delle macerazioni, che devono essere prolungate ma delicate per evitare eccessi di astringenza. L’affinamento avviene solitamente in legno grande o in barrique per ammorbidire i tannini e integrare le note speziate e balsamiche.
Dal punto di vista aromatico, il Chatus si distingue per un profilo complesso e minerale: frutti di bosco, ciliegia nera, liquirizia, pepe, spezie e leggere note di grafite e terra bagnata. Con l’evoluzione sviluppa sentori di cuoio, tabacco e sottobosco, mantenendo sempre una spina acida vivace e una struttura imponente.
Caratteristiche organolettiche dei vini
I vini da Chatus si presentano di colore rosso rubino profondo con riflessi granato. Al naso esprimono profumi intensi e complessi di mora, prugna, amarena e pepe nero, con sfumature di erbe aromatiche, cuoio e pietra focaia.
Al palato risultano vigorosi, di corpo pieno e di grande personalità, con tannini robusti ma fini e un’acidità tesa che conferisce freschezza e longevità. Il finale è lungo, asciutto e minerale, con un ritorno di spezie e note ferrose tipiche dei suoli scistosi. Le versioni più giovani mostrano austerità e verticalità, mentre con l’affinamento in bottiglia il Chatus acquista complessità e morbidezza, rivelandosi un vino di montagna raffinato e di rara eleganza rustica, fedele interprete del paesaggio ardéchois.
