Il vitigno Chatus corrisponde fenologicamente al Bourgnin ed ha probabile origine francese. Un tempo veniva coltivato dalla Savoia al Massiccio centrale, ma in seguito è stato abbandonato, per venire poi solo di recente reintrodotto nell’Ardèche. A suo tempo era probabilmente molto diffuso anche in Piemonte, perchè lo si trova in piccole quantità in tutto l’arco alpino della regione, dall’area di Mondovì al Canavese, al Biellese e prefino in Val d’Ossola. Oggi viene coltivato principalmente nei dintorni di Dronero (da cui il sinonimo “Nebbiolo di Dronero“), sui colli Saluzzesi e nel Pinerolese. Lo Chatus è uno dei vitigni di antica tradizione più promettenti dal punto di vista enologico, può essere utilizzato sia in tagli con vitigni che danno prodotti meno strutturati, o anche in purezza per dare vini con propensione all’affinamento nel legno.
Lo Chatus dà vini dai colori brillanti e profumi complessi di nespola e frutta matura. I vini prodotti con lo Chatus tendono ad essere intensi e tannici da giovani, per cui il vitigno risulta adatto sia alla vinificazione in purezza che in assemblaggio. La vite dello Chatus è eretta e vigorosa e preferisce terreni collinari e silicei. La sua suscettibilità alle malattie, in particolare la muffa e l’oidio, aumenta quando viene coltivato su terreni calcarei. La sua maturazione avviene a metà ottobre. I grappoli di Chatus sono compatti, grandi, allungati e conici, senza ali, anche se a volte con un grappolo secondario. Le bacche sono rotonde, uniformi, piccole e di un nero profondo con sfumature bluastre. La loro polpa è verde, aspra e dolce, senza odore caratteristico.