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Il corso sul vino di Quattrocalici - Le Denominazioni di origine e il vino

DOCG, DOC, IGT – La Piramide della Qualità per il Vino

I Livelli di qualità per il previsti dalla disciplina delle Denominazioni di Origine in Italia e in Europa.

La piramide della qualità del vino italiano

La Piramide della Qualità per i Vini Italiani

L’insieme dei livelli di qualità previsti dai regolamenti delle denominazioni di origine prende il nome di “Piramide della Qualità”. Dal punto di vista giuridico, però, oggi convivono due logiche diverse: quella, più recente, introdotta dal diritto dell’Unione europea, e quella storica italiana, nata prima dell’armonizzazione comunitaria e tuttora radicata nelle abitudini e perfino nella comunicazione commerciale.

La Piramide della Qualità e la classificazione dei Vini secondo il Diritto UE

La normativa attuale del vino in Europa poggia innanzitutto sul Regolamento (UE) n. 1308/2013, che istituisce l’OCM (Organizzazione Comune del Mercato vitivinicolo) unica e disciplina, tra l’altro, le denominazioni di origine (DO), le indicazioni geografiche (IG) e i termini tradizionali del settore vitivinicolo.

La logica è relativamente semplice: esistono, in sostanza, due grandi categorie di vini:

1. Vini con denominazione di origine protetta (DOP)
Per il vino, la DOP individua prodotti le cui caratteristiche qualitative sono essenzialmente o esclusivamente dovute a un determinato ambiente geografico, comprensivo di fattori naturali e umani; tutte le fasi (produzione dell’uva, vinificazione e affinamento, salvo eccezioni) devono avvenire nella zona delimitata.

2. Vini con indicazione geografica protetta (IGP)
Sono vini che presentano una qualità, una reputazione o altre caratteristiche riconducibili a un’origine geografica, ma con un legame meno stringente: è sufficiente che almeno una tra produzione delle uve, vinificazione o elaborazione avvenga nella zona, secondo una specifica disciplinare.

Accanto a queste due macrocategorie, l’OCM prevede i Vini “senza IG”, ai quali si affiancano i cosiddetti “vini varietali” (senza DOP/IGP ma con indicazione di vitigno/i e annata, alle condizioni previste dal Regolamento (UE) 2019/33 in tema di etichettatura).

Dal punto di vista concettuale, la piramide europea è quindi:

Vini senza IG → Vini con IGP → Vini con DOP

Tutto il resto (spumanti di qualità, vini liquorosi, ecc.) non definisce livelli gerarchici di qualità, ma sottocategorie tecnologiche e merceologiche.

La specificità italiana dentro il quadro UE: DOP/IGP vs DOC/DOCG/IGT

L’Italia, come tutti gli Stati membri, ha dovuto “tradurre” il proprio sistema storico dentro lo schema comunitario. Il risultato, sul piano formale, è abbastanza lineare:

Le DOC e le DOCG italiane sono oggi Denominazioni di Origine Protetta (DOP) ai sensi del Reg. 1308/2013.
Le Indicazioni Geografiche Tipiche (IGT) sono diventate Indicazioni Geografiche Protette (IGP).

Tuttavia l’Unione europea, proprio per non cancellare la stratificazione storica dei singoli Paesi, ha previsto la figura delle “menzioni tradizionali” per il vino, tutelandone l’uso. Il Regolamento delegato (UE) 2019/33, che integra il 1308/2013, disciplina infatti sia le DO/IG, sia i termini tradizionali riconosciuti nel settore vitivinicolo.

Questo consente all’Italia di continuare a usare in etichetta sigle come DOC, DOCG e IGT come menzioni tradizionali, pur essendo inquadrate giuridicamente, agli occhi di Bruxelles, come DOP e IGP. Di fatto, sul piano giuridico la piramide “ufficiale” italiana oggi può essere letta così:

Vini DOP (DOC e DOCG come termini tradizionali interni)
Vini IGP (con la menzione tradizionale IGT)
Vini senza IG (eventualmente varietali)

Il punto interessante è che la vecchia piramide nazionale non è stata cancellata nella percezione, ma semplicemente “incapsulata” dentro quella comunitaria.

Prima dell’Europa: la Piramide italiana storica

Per capire perché nel linguaggio quotidiano si parli ancora di DOC, DOCG e IGT – molto più che di DOP e IGP – bisogna tornare alla stagione delle leggi italiane antecedenti o parallele alla normazione comunitaria.

Un riferimento fondamentale è il D.P.R. 930/1963, che ha posto le basi della moderna tutela delle denominazioni d’origine italiane. La norma distingueva:

Denominazioni di origine “semplice”
Denominazioni di origine “controllata” (DOC)
Denominazioni di origine “controllata e garantita” (DOCG)

Le DOCG, introdotte in seguito, rappresentavano l’apice della piramide nazionale: disciplinari più rigorosi, rese inferiori, controlli analitici e organolettici più severi, sigilli di Stato numerati. Le DOC costituivano il gradino immediatamente sottostante, con un legame forte tra vino e territorio ma una rigidità leggermente inferiore. Le denominazioni “semplici” (poco utilizzate in comunicazione) riguardavano vini tradizionali di un’area, con requisiti meno stringenti rispetto alle DOC vere e proprie.

Alla base stava il vino da tavola, categoria che non faceva riferimento ad alcuna specifica denominazione d’origine e che, per lungo tempo, ha rappresentato il livello più basso sia dal punto di vista giuridico sia nell’immaginario del consumatore.

A cavallo tra anni ’80 e ’90, l’Italia introdusse uno strumento intermedio: l’Indicazione Geografica Tipica (IGT), che consentiva di valorizzare vini di qualità legati a un territorio ma con maggiore libertà varietale e stilistica. Era di fatto l’equivalente italiano dei vin de pays francesi e dei Landwein tedeschi, poi riassorbiti nella categoria europea delle IGP.

Ne risultava una piramide “classica” italiana, che molti operatori hanno ancora in mente:

Vino da tavola → IGT → DOC → DOCG

Questa gerarchia, pur non essendo più quella formalmente adottata dall’UE, è la matrice culturale con cui diverse generazioni di consumatori, sommelier e produttori sono cresciute.

Sovrapposizione tra vecchia e nuova Piramide

Con l’armonizzazione europea, l’Italia ha dovuto riallinearsi allo schema vino senza IG / IGP / DOP, ma la piramide storica DOC–DOCG–IGT non è mai stata archiviata nella pratica.

Da un lato, i regolamenti comunitari riconoscono i termini tradizionali, includendo espressamente sigle come DOC e DOCG all’interno della categoria delle DOP, e IGT dentro le IGP. Dall’altro, il mercato continua a percepire questi termini come livelli gerarchici distinti:

DOCG rimane, nell’uso comune, il vertice assoluto della qualità italiana;
DOC è vista come garanzia di tipicità territoriale con disciplinare definito;
IGT è percepita come categoria “di territorio ma più flessibile”, spesso associata ai vini innovativi o di taglio internazionale;
Il Vino da tavola resta sinonimo, nell’immaginario, di prodotto base, anche se oggi la categoria formale è “vino” o “vino varietale” senza IG.

In altre parole, co-esistono due “piramidi”: quella giuridico-amministrativa, di matrice UE (vino senza IG / IGP / DOP) e  quella culturale e comunicativa, di matrice storicamente italiana (vino da tavola / IGT / DOC / DOCG)

La prima governa i procedimenti di riconoscimento, modifica e cancellazione delle denominazioni e delle IG, l’etichettatura, le tutele in caso di concorrenza sleale, ecc.; la seconda continua a organizzare il discorso tra addetti ai lavori e il modo in cui il consumatore italiano “legge” il valore di un vino.

Perché ha ancora senso parlare di “Piramide” italiana

Dal punto di vista strettamente normativo, il concetto di “Piramide della Qualità” è più uno strumento didattico che una categoria giuridica. Nessun regolamento UE disegna graficamente una piramide, né afferma esplicitamente una gerarchia qualitativa rigida tra DOP e IGP, ma parla piuttosto di diverso grado di legame tra prodotto e territorio.

Tuttavia, nel contesto italiano, la stratificazione DOC/ DOCG, con requisiti e controlli distinti, la storia normativa avviata dal D.P.R. 930/1963 e il ruolo, ormai consolidato, delle IGT/IGP come categoria intermedia, fanno sì che la “piramide italiana” continui a essere uno schema descrittivo efficace, soprattutto in ambito divulgativo e formativo.

Questo doppio registro, giuridico e consuetudinario, spiega perché un tecnico, un sommelier o un comunicatore del vino debba saper maneggiare entrambi i linguaggi: parlare correttamente di DOP/IGP quando ci si riferisce alla normativa europea, ma al tempo stesso non ignorare che, nell’esperienza quotidiana del consumatore italiano, la vera “grammatica” della qualità continua a essere quella della triade IGT–DOC–DOCG, innestata nella piramide europea e tutt’altro che superata nelle prassi di mercato.

Immagine di Marcello Leder
Marcello Leder

Sommelier AIS, divulgatore nel campo del vino e dell'enogastronomia. Ha fondato nel 2011 il portale Quattrocalici, divenuto punto di riferimento per la cultura del vino in Italia, ed è autore della sua struttura e di tutti i suoi contenuti.

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