L’Acido tartarico, l’uva e il vino
L’acido tartarico, è naturalmente presente nell’uva e in pochissimi altri frutti. E’ già presente durante la fioritura, quando si hanno già alti livelli di acido tartarico nei fiori e poi nei giovani acini. Nell’uva, l’acido tartarico è presente per la maggior parte in forma del suo sale bitartrato di potassio. Man mano che l’uva progredisce nella maturazione, l’acido tartarico non viene metabolizzato attraverso la respirazione cellulare come l’acido malico, quindi il suo livello nell’uva rimane relativamente costante durante tutto il processo di maturazione, mentre la concentrazione di zuccheri aumenta. Il punto di equilibrio tra acidità e dolcezza definisce lo stadio di maturazione dell’uva. L’Acido tartarico viene anche spesso additivato agli alimenti, come caramelle, marmellate e succhi di frutta, per conferirvi un gusto acidulo. In campo alimentare è conosciuto con il codice E334.
L’Acido tartarico e l’acidità fissa nel vino
L’Acido tartarico viene trasferito nel vino durante la fermentazione, ed insieme all’acido malico e, in misura minore, all’acido citrico, l’acido tartarico è uno dei principali responsabili dell’acidità fissa del vino. Tra gli acidi organici presenti nell’uva è quello presente in maggiore quantità. Per questo motivo che l’acidità dell’uva e del vino viene espressa in gr/l di acido tartarico. Esso condiziona il gusto del vino, essendo il maggiore responsabile della sua acidità ma, abbassando il pH, anche la stabilità del colore, e quella microbiologica del vino. Durante la fermentazione alcolica, e le successive fasi di affinamento o di invecchiamento, aiuta la stabilizzazione del vino. La presenza di acido tartarico è diversa a seconda del vitigno, e viene influenzata anche dalle sostanze presenti nel suolo del vigneto. Alcune varietà, come il Palomino, hanno naturalmente alti livelli di acido tartarico, mentre il Malbec e il Pinot nero ne hanno in misura minore.
I cristalli di Acido tartarico nel vino
Durante la fermentazione, i sali dell’acido tartarico si legano alle fecce, ai residui di polpa, ai tannini e ai pigmenti precipitati sul fondo. Circa la metà dei suoi sali sono solubili nella miscela alcolica del vino, ma una parte tende a depositarsi sul fondo, con una conseguente diminuzione dell’acidità e la formazione dei caratteristici cristalli, senza però compromettere la qualità del prodotto. Questa cristallizzazione può avvenire in momenti imprevedibili, e, per evitarla, i produttori spesso sottopongono il vino alla stabilizzazione a freddo, esponendolo a temperature inferiori allo zero per far cristallizzare e precipitare i tartrati, oppure utilizzando l’elettrodialisi che rimuove i tartrati tramite un processo a membrana.
Gli effetti organolettici dell’Acido tartarico nel vino
I principali effetti organolettici dell’acido tartarico contenuto nel vino sono quelli classici di tutti gli acidi fissi, come l’induzione alla salivazione, e la sensazione di asprezza e di freschezza.