L’Acido acetico nel vino
L’acido acetico (CH3COOH)è un prodotto che si forma dall’ossidazione dell’acetaldeide (CH3COH), un prodotto secondario della fermentazione alcolica. Quindi in piccole quantità, è sempre presente nel vino. Sopra la soglia di 0,3 g/l diventa percettibile, con il suo caratteristico odore pungente ed erbaceo.
La fermentazione acetica nel vino
L’acido acetico può anche derivare da quella che viene impropriamente chiamata “fermentazione acetica” ossia la trasformazione in aceto (acido acetico) dell’alcool etilico da parte di microorganismi chiamati acetobatteri. In questo caso la concentrazione di acido acetico è così elevata da definire un vino “andato in aceto”, ossia diventato oggetto di una vera e propria alterazione irreversibile. La concentrazione massima in acido acetico ammessa per legge è di 1,08 g/l per i vini bianchi e rosati e di 1,2o g/l per i vini rossi, ben oltre la sua soglia di percettibilità.
Prevenzione dell’acescenza del vino
L’acescenza, o spunto acetico, o casse acetica del vino (come viene chiamata l’alterazione dello stesso dovuta all’acido acetico) si può evitare mediante l’impiego accorto di anidride solforosa, aggiunta al vino ad esempio in forma di bisolfito di sodio. Questa ha azione sia antibatterica che antiossidante, e quindi contrasta sia la fermentazione acetica che l’ossidazione dell’acetaldeide. Dal momento che l’anidride solforosa, specie in quantità elevate, ha effetto nocivo per la salute, è più efficace mantenere sotto controllo la formazione di acetaldeide durante la vinificazione, cosa che consente di diminuirne l’impiego, migliorando al tempo stesso la qualità del prodotto finale.