Il vitigno Lacrima è anche conosciuto con il nome del vino che se ne ottiene, il Lacrima di Morro d’Alba. E’ un vitigno autoctono delle Marche, di origine antichissima. Sembra infatti che già nel 1167 Federico Barbarossa abbia bevuto del vino prodotto da quest’uva quando dimorava nel castello di Morro d’Alba, durante l’assedio di Ancona. Le origini del nome sembrano derivare dal fatto che l’acino, quando è maturo, trasuda goccioline di succo che sembrano lacrime. Secondo altri invece il nome sarebbe da collegare alla forma allungata dell’acino, oppure ad una lontana parentela con l’uva “lacrima” spagnola. La coltivazione di questo vitigno veniva tradizionalmente effettuata “maritandolo” ad un tutore vivo, ossia ad un albero, come l’olmo o l’acero, oppure ad un palo di legno.
Nei secoli la diffusione del vitigno Lacrima si è ristretta sempre più fino a limitarsi alla sola zona della sua origine, Morro d’Alba. Per questo motivo ha anche rischiato l’estinzione negli scorsi decenni, fino a quando negli Anni Ottanta è stato tutelato con moderne coltivazioni e con la denominazione d’origine. Piccole quantità di questo vitigno sono inoltre coltivate in Romagna, Toscana e Puglia. Il vitigno Lacrima ha grappoli di grandezza media, di forma piramidale, spargoli, dotati di ali. Gli acini sono anch’essi di medie dimensioni, rotondi con le bucce dalla caratteristica lacrimazione quando sono maturi. Il loro colore è un blu molto scuro, quasi nero. Nonostante la sua sofferenza alla botrite, al marciume e ai parassiti, il vitigno Lacrima dimostra ottima vigoria e produzioni sopra la media, anche se molto legate all’andamento climatico. Il Lacrima infatti è molto sensibile alle variazioni climatiche, è poi un vitigno difficile da coltivare, bisognoso di drastiche e numerose potature.