La Slarina è un vitigno a bacca nera autoctono del Piemonte, anticamente diffuso nelle province di Alessandria, Asti e Torino, oggi oggetto di riscoperta grazie a progetti di recupero della biodiversità ampelografica regionale. È una delle varietà minori piemontesi più promettenti per finezza, tipicità e sostenibilità.
Citata già in documenti ottocenteschi, la Slarina è stata per lungo tempo confusa con altre uve nere rustiche della zona – come Bonarda piemontese e Neretto di Bairo – ma le analisi genetiche ne hanno confermato l’identità autonoma. A causa della bassa resa e della scarsa resistenza alle malattie, fu progressivamente abbandonata nel corso del Novecento, sopravvivendo in piccoli appezzamenti misti. Solo negli ultimi vent’anni, grazie alla selezione clonale e all’interesse per i vitigni minori, la Slarina ha cominciato a essere reintrodotta e vinificata in purezza, rivelando un profilo elegante e contemporaneo.
In Italia, la Slarina è oggi coltivata in modo molto limitato, con pochi ettari concentrati nel Monferrato alessandrino e nella zona di Casale Monferrato, ma anche con presenze residue nel Torinese e nel Basso Astigiano. È stata reintrodotta ufficialmente nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 2007, ed è ammessa nei disciplinari di alcune denominazioni come il Monferrato DOC. Alcuni produttori la stanno sperimentando anche in versione monovitigno, con ottimi risultati.
Caratteristiche ampelografiche
La Slarina presenta grappoli medi, cilindrico-conici, spargoli, con acini piccoli, sferici, a buccia spessa e pruinosa, di colore blu-violaceo intenso. La foglia è media, pentalobata, con margini dentati e seno peziolare chiuso. La pianta ha portamento eretto e crescita regolare, con internodi corti e tralci robusti.
Proprietà agronomiche
Vitigno di medio vigore, predilige suoli collinari, calcarei e ben drenati, con esposizioni ventilate. Ha una maturazione medio-tardiva, spesso verso fine settembre, e una produttività contenuta, fattore che storicamente ne ha penalizzato la diffusione. Tuttavia, questa scarsa resa è accompagnata da un ottimo potenziale qualitativo. La Slarina si adatta bene alla coltivazione biologica o a basso impatto.
Resistenze e sensibilità
Il vitigno mostra una moderata resistenza alle malattie crittogamiche, ma può essere sensibile all’oidio e alla botrite, specie in annate umide. Teme i ristagni idrici e necessita di buona gestione del vigneto per evitare stress idrici prolungati. L’acinellatura è rara, ma può presentare leggera variabilità tra i ceppi più antichi.
Proprietà enologiche
Dal punto di vista enologico, la Slarina offre vini di colore rubino trasparente, con buona acidità, tannini sottili e una marcata verticalità gustativa. Ha una aromaticità delicata, che richiama piccoli frutti rossi, spezie fini, fiori scuri e leggere note balsamiche. I mosti si prestano a vinificazioni in purezza per ottenere vini eleganti e bevibili, o in blend per apportare finezza e tensione.
È un vitigno che non richiede estrazioni spinte e si esprime al meglio con vinificazioni delicate, in acciaio o in botti grandi, con affinamenti brevi e rispetto del frutto. Interessante anche la sua risposta alla macerazione carbonica e a vinificazioni in stile “vino da vigna”.
Caratteristiche organolettiche dei vini da Slarina
I vini da Slarina si presentano con un colore rosso rubino scarico, limpido, con riflessi violacei. Al naso si colgono note di lampone, ribes rosso, violetta, pepe bianco, insieme a una leggera traccia erbacea e terrosa che ricorda i rossi del nord Piemonte. In bocca sono freschi, dinamici, snelli, con un corpo medio, tannini setosi e un finale lieve e sapido, che invita al secondo sorso.
È un vino che si presta a essere bevuto giovane, ma in alcuni casi può evolvere con grazia per 4–6 anni, acquisendo complessità speziata. A tavola si abbina perfettamente con piatti della cucina piemontese, formaggi freschi o mediamente stagionati, salumi, torte rustiche e secondi di carni bianche.
