Il San Lunardo è un vitigno a bacca nera autoctono della Campania, in particolare della zona del Sannio Beneventano, dove un tempo era presente nei vigneti misti insieme ad altre varietà locali come Aglianico, Sciascinoso e Piedirosso. Oggi è una delle varietà rare e quasi estinte della regione, sopravvissuta in pochi filari di vecchie vigne e oggetto di studio e recupero da parte di istituti di ricerca e produttori attenti alla biodiversità viticola.
Le testimonianze storiche sono scarse, e il vitigno prende probabilmente il nome da un’antica devozione religiosa (San Leonardo), molto sentita nelle campagne del Sannio. Solo negli ultimi decenni il San Lunardo è stato oggetto di indagini ampelografiche e genetiche, che ne hanno confermato l’identità autonoma rispetto ad altri vitigni noti della Campania. L’interesse per il recupero delle varietà minori lo ha riportato all’attenzione di piccoli produttori e istituzioni locali.
Il San Lunardo è coltivato in maniera estremamente limitata, solo in alcune zone del Sannio beneventano, in particolare nei comuni di Solopaca, Guardia Sanframondi, Castelvenere e Sant’Agata de’ Goti. Non è ancora iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite, né compare nei disciplinari delle DOC campane, anche se è oggetto di microvinificazioni sperimentali e studi per una sua futura valorizzazione. La riscoperta di questo vitigno rientra nel più ampio progetto di recupero del patrimonio genetico della viticoltura sannita.
Caratteristiche ampelografiche
Il San Lunardo presenta grappoli medi, piuttosto compatti, a forma conica, con acini sferici, di dimensione media, a buccia spessa, blu-violacea, ricca di pruina. La foglia è media, trilobata o pentalobata, con margini regolarmente dentati e seno peziolare chiuso a U. La pianta ha portamento vigoroso e internodi mediamente lunghi.
Proprietà agronomiche
Vitigno di vigoria medio-alta, si adatta bene ai suoli argillosi-calcarei del Sannio, e mostra buona adattabilità ai sistemi di allevamento tradizionali a spalliera o raggiera. Ha una maturazione medio-tardiva, con vendemmia tra la fine di settembre e i primi di ottobre. La produttività è discreta, ma non elevata, e può essere soggetta ad alternanza se non gestita correttamente.
Resistenze e sensibilità
Il San Lunardo è relativamente resistente alla siccità e agli stress termici, ma può essere sensibile all’oidio nelle annate più umide. La buccia spessa aiuta a contenere l’insorgenza di botrite, mentre il grappolo compatto può renderlo vulnerabile al marciume acido se la vendemmia è tardiva. Mostra una buona resistenza al freddo invernale.
Proprietà enologiche
Il San Lunardo si presta alla produzione di vini rossi di medio corpo, con colore intenso, buona dotazione fenolica e una freschezza naturale spiccata. I mosti hanno un tenore zuccherino medio-alto, con acidità ben conservata, e si prestano a fermentazioni sia in acciaio sia in legno, con o senza macerazione prolungata.
È un vitigno che, vinificato in purezza, può dare vini eleganti, fragranti e dal profilo tipicamente mediterraneo, mentre in blend apporta colore, struttura e acidità.
Caratteristiche organolettiche dei vini da San Lunardo
I vini ottenuti da San Lunardo presentano un colore rubino intenso con riflessi violacei. Al naso offrono profumi di frutta rossa matura (amarena, prugna, mora), accenni floreali (viola, geranio) e note speziate che possono evolvere con l’affinamento. In alcune versioni si avvertono anche sfumature di sottobosco, alloro, e un leggero fondo ferroso o ematico, tipico dei rossi dell’Appennino meridionale.
Al palato il vino è strutturato ma equilibrato, con tannini levigati, acidità viva e un finale persistente e sapido, spesso con richiami minerali. La beva è fluida ma di carattere, rendendo questo rosso ideale per accompagnare piatti tradizionali campani, come carni in umido, salumi stagionati, formaggi semiduri, zuppe rustiche e primi piatti con sughi di carne.
