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Il corso sul vino di Quattrocalici - Enologia - Fare il vino

Fermentazione alcolica

La Fermentazione Alcolica del Vino e le sue caratteristiche. I tipi di lieviti. Prodotti e sottoprodotti della fermentazione alcolica. Durata della fermentazione e svinatura.

la fermentazione alcolica nel vino

Il ruolo della fermentazione alcolica nella vinificazione

Dopo la pigiatura, una volta ottenuto il mosto ed effettuate le eventuali correzioni, la fase successiva è la fermentazione alcolica, che porterà ad ottenere il vino propriamente detto. Il ruolo della fermentazione alcolica è primariamente quello di trasformare lo zucchero in alcol e anidride carbonica, ma anche quello di dare vita a tutta una serie di sottoprodotti della fermentazione che andranno a comporre quelli che vengono definiti gli aromi secondari (o, appunto, fermentativi) che compongono la base olfattiva di ogni vino. Anche i vitigni aromatici sviluppano i loro aromi primari durante la fermentazione, anche se essi erano presenti e riconoscibili già nell’uva matura.

La fermentazione alcolica nei dettagli

I lieviti si trovano naturalmente nell’aria e vengono trasportati dal vento e dagli insetti, depositandosi sulla superficie delle piante e sulle bucce dell’uva, dalla quale entreranno in contatto con il succo dopo la pigiatura, provocando una fermentazione spontanea. Questi lieviti sono generalmente definiti come autoctoni, indigeni o selvaggi. In ogni vigneto potranno esservi diverse specie di lieviti autoctoni, alcuni utili, altri meno o addirittura anche dannosi potendo dar vita a sostanze indesiderate come l’acido acetico e altri elementi tali da compromettere la stabilità del vino. Queste popolazioni di lievito sono inoltre in continua evoluzione, rendendo difficile se non impossibile ottenere un risultato riproducibile in fase di fermentazione.

La soluzione è stata trovata creando in laboratorio delle colture selezionate di lieviti con lo scopo di ottenere un migliore controllo sulla fermentazione e vini di qualità più fine. Nonostante la fermentazione svolta con i lieviti autoctoni possa essere vista come più naturale o tradizionale, l’impiego di lieviti selezionati consente di ottenere vini di maggiore qualità, finezza ed eleganza e dotati di migliore stabilità. I lieviti selezionati maggiormente utilizzati appartengono alla famiglia degli Saccharomyces Cerevisiae per la fermentazione di mosti normali e dei Saccharomyces Bayanus per la fermentazioni di mosti con elevato contenuto di zuccheri o per la produzione di spumanti metodo classico.

I lieviti indigeni e i lieviti selezionati

In enologia si utilizzano lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae, della stessa famiglia di quelli utilizzati per la birra. I lieviti sono quindi microorganismi fungini unicellulari, di forma sferica, ovale o ellittica, di circa 5-30 μm di lunghezza e 1-5 μm di larghezza. I lieviti sono presenti già sulle bucce dell’uva, meno sugli acini immaturi, ma con la maturazione e fino alla vendemmia, gli zuccheri arrivano alla superficie degli acini fornendo nutrimento ai lieviti facendone aumentare la popolazione. I cosiddetti lieviti indigeni (presenti in natura) appartengono a famiglie diverse da quelli selezionati artificialmente (Saccharomyces cerevisiae). Sui grappoli immaturi predominano i generi come Torulopsis, Cryptococcus, Rhodotorula e Candida, oltre a Aureobasidium, Sporobolomyces, Filobasidium, presenti in generale nel vigneto (suolo, foglie, corteccia). Nei grappoli maturi si trovano soprattutto lieviti apiculati a metabolismo ossidativo come l’Hanseniaspora e la Metschnikowia, che sembra dominino anche sui frutti danneggiati, mentre principale agente della fermentazione, Saccharomyces cerevisiae, non è presente se non in piccolissime quantità sui grappoli.

Respirazione e crescita dei lieviti

Nella fase iniziale della trasformazione degli zuccheri, i lieviti svolgono una respirazione aerobica (utilizzando l’ossigeno dell’aria), che trasforma gli zuccheri in CO2 e H2O. Questa fase metabolica permette ai lieviti di ottenere la quantità di energia necessari alla loro rapida crescita. La fermentazione vera e propria avviene all’interno della massa quando i lieviti, per mancanza di ossigeno, passano da un metabolismo aerobico ad uno anaerobico.

La glicolisi e la fermentazione alcolica

L’insieme delle reazioni di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia per via anaerobica che aerobica, viene definita glicolisi. La glicolisi avviene all’interno delle cellule dei lieviti, portando ad ottenere l’ATP (adenosin trifosfato), molecole con alto contenuto energetico usato dalle cellule e come sottoprodotti l’acido piruvico, a sua volta molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi fra cui il glicerolo. In condizioni anaerobiche i lieviti trasformano l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico che concludono la fermentazione alcolica.

I prodotti della fermentazione alcolica

Durante la fermentazione alcolica gli zuccheri contenuto nel mosto  vengono convertiti dai lieviti in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti sono microorganismi unicellulari che utilizzano gli zuccheri presenti nel mosto per crescere e moltiplicarsi. Nelle fasi iniziali di questo processo che che si sviluppa in oltre trenta reazioni successive i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, si servono cioè dell’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Presto il poco ossigeno presente nel mosto si esaurisce ed è a questo punto, in condizioni anaerobiche, che inizia la fermentazione vera e propria. In questa fase i lieviti provocano l’ossidazione degli zuccheri e la loro trasformazione. A seconda del lievito utilizzato circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che svolgono come già accennato un ruolo essenziale nel determinare le qualità aromatiche e gustative del vino. I sottoprodotti più importanti che meritano una menzione sono l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità “volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri tipi di alcoli polivalenti che determinano tra le altre cose la morbidezza del gusto del vino.

La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono ovviamente da come il processo viene condotto. È di fondamentale importanza che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è un bene che questa sia fatta partire il prima possibile, dopo le normali operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Essendo il mosto altamente zuccherino è infatti particolarmente sensibile agli attacchi di batteri ma anche ad alterazioni microbiche e ossidative. La fase prefermentativa deve essere il più possibile di breve durata e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che permette di svolgere le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione del mosto. I lieviti selezionati vanno aggiunti al mosto prima dell’inizio della fermentazione.

Durata della fermentazione alcolica

La durata della fermentazione, a seconda del tipo di mosto e di come è stato trattato, può variare tra i 5 e i 15 giorni. E’ importante che la fermentazione non avvenga troppo velocemente, perchè la formazione di anidride carbonica sarebbe violenta e porterebbe alla dispersione delle sostanze aromatiche. La fermentazione non deve però nemmeno essere troppo lenta, perchè rischierebbe di generare sostanze indesiderate, tra cui un eccesso di acidità volatile. Anche la temperatura deve essere mantenuta nel giusto intervallo. Se la temperatura è troppo bassa (<15°C) il processo potrebbe non partire affatto. La fermentazione è un processo esotermico, cioè genera calore, che a sua volta aumenta la velocità delle reazioni. Se la temperatura diviene troppo alta la velocità della fermentazione va fuori controllo, e se eccessiva, porta alla morte dei lieviti e all’arresto del processo.

La fermentazione alcolica nella produzione dei Vini bianchi

La vinificazione in bianco prevede l’utilizzo di un mosto dal quale sono state separate le bucce (sgrondatura)  subito dopo avere pigiato le uve. Il mosto viene preparato mediante separazione delle parti solide residue (decantazione e chiarifica). Il principale obiettivo della vinificazione in bianco è la conservazione della complessità aromatica nel vino prodotto e per far questo è indispensabile il rigoroso controllo della temperatura, che non deve salire oltre i 20°C. Le vasche di fermentazione in acciaio inox sono provviste di una camicia esterna nella quale scorre acqua di raffreddamento in assenza della quale si può far scorrere acqua fredda lungo le pareti della vasca. Una tecnica alternativa consiste nel fare fermentare i mosti in piccole botti di legno (barriques) ed a seguire far maturare il vino “sur lies (sui lieviti) per un periodo più o meno lungo. Periodicamente, in questo caso viene effettuato il “bâtonnage“, ossia l’azione di rimettere in sospensione la feccia del vino, realizzata utilizzando un bastone (da cui il termine) il cui movimento permette l’agitazione del vino. In tal modo la feccia precedentemente depositatasi sul fondo del recipiente risale in sospensione. I Lieviti subiscono una parziale decomposizione (autolisi) cedendo al vino delle sostanze colloidali che hanno la capacità di legare i composti fenolici, in particolare tannini più reattivi. La conseguenza è l’aumento della sensazione di corpo e rotondità del vino.

La fermentazione alcolica nella produzione dei Vini rossi

Nella vinificazione in rosso si utilizza mosto nel quale sono lasciate a macerare le bucce per l’estrazione del colore. L’estrazione del colore e delle sostanze polifenoliche è infatti uno degli obiettivi primari della fermentazione in rosso. La temperatura favorisce l’estrazione di queste sostanze e si può dire grossolanamente che la fermentazione a temperature più elevate produce vini con maggiore corpo e struttura. La temperatura non deve però in ogni caso superare i 30°C, per le ragioni sopra esposte. Se la temperatura scende sotto il 25°C l’estrazione delle sostanze dalle bucce sarebbe difficile, soprattutto quella dei tannini, e il vino risulterebbe troppo leggero e “scialbo”. I vini rossi leggeri e non destinati a lunghi affinamenti possono essere ottenuti mediante fermentazione in un intervallo di temperature relativamente basso, mentre vini più strutturati e destinati all’affinamento di legno richiederanno temperature più alte, ma non eccessive, per evitare lo sviluppo di profumi eccessivamente “erbacei”. Temperature elevate sono talvolta necessarie per i mosti provenienti da uve povere di sostanze coloranti, come per esempio il Pinot Nero.

Conclusione della fermentazione alcolica

L’indicatore dello stato di avanzamento del processo fermentativo è la densità. la presenza degli zuccheri fa sì che il mosto si più denso dell’acqua (d>1), mentre la presenza di alcol e polialcoli abbassa la densità sotto questo valore. Per controllo della densità si usa un comune densimetro, detto anche mostimetro. Quando la densità del mosto scende sotto il valore unitario, la fermentazione è praticamente conclusa e cessa il tumultuoso gorgogliare del vino. A questo punto, con una concentrazione di zuccheri residui dell’1-2%, è giunto quindi il momento di effettuare la “svinatura“, ossia di separare il vino dai residui dei lieviti e da altre sostanze solide che si depositano sul fondo al termine della fermentazione, per evitare che la loro degradazione rischi di danneggiare la stabilità e la qualità del vino.

La svinatura

Il momento ideale per la svinatura è scelto in funzione del tipo di vino da produrre. I vini rossi giovani sono lasciati macerare per quattro o cinque giorni con le bucce, e si svinano quindi prima del termine della fermentazione; i vini rossi di qualità e quelli prodotti con uve surmature al termine della fermentazione alcolica, mentre i vini robusti e strutturati o destinati a lungo affinamento si svinano alcuni giorni dopo, consentendo ai vini rossi di macerare ulteriormente con le bucce ed ai vini bianchi con le fecce, conferendo quindi una maggiore struttura.

La svinatura va condotta a contatto con l’aria, favorendo una decisa ossigenazione, che ha due effetti importanti: innanzitutto porta all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole quali l’idrogeno solforato (che odora di uova marce) ed inoltre provoca la riattivazione dei lieviti rimasti per la cosiddetta fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura. La svinatura provoca l’allontanamento e la diminuzione nella concentrazione di anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura, per cui sarà consigliabile un suo parziale reintegro prima dei successivi travasi, per evitare il rischio di degradazione e di ossidazione.

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Marcello Leder

Sommelier AIS, divulgatore nel campo del vino e dell'enogastronomia. Ha fondato nel 2011 il portale Quattrocalici, divenuto punto di riferimento per la cultura del vino in Italia, ed è autore della sua struttura e di tutti i suoi contenuti.

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